6 Recensioni su

Monolith

/ 20165.347 voti

Peró…. / 30 Marzo 2018 in Monolith

Non so ancora come valutare il film, ha i suoi pro e contro…
Pro: una trama originale, una buona idea, com’è buona anche quella di realizzarlo in stile blockbuster. Paesaggi mozzafiato, ottima fotografia. Per di più anche realizzarlo è stato un bel progetto. Insomma, abbastanza suspence dato che anche noi spettatori ci preoccupiamo più per David che per la mamma.
Contro: la scenetta al market era senza senso. Hanno descritto poco il personaggio di lei, anzi forse si è capito di piu del marito… che gli mette le corna è sicuro! Poi momenti un po’ lenti si alternano a piccoli attimi di panico e a situazioni inverosimili: cioè, tu mamma dove cxxxo vai in piena notte lasciando tuo figlio in auto? Di notte?! E l’idea del finale poi…. da pazzi… pensavo a un suicidio-omicidio!
Quindi, ora che li ho scritti mi rendo conto che il film non è le sia stato un capolavoro ma si lascia guardare più per curiosità che altro.
Più bravo il bambino che la mamma.
Un 6 un po’ risicato!

Ps: ho letto che qualcuno ha scritto “era più adatto per una puntata di Black Mirror”. Esatto, geniale come intuizione!

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Filmetto / 12 Gennaio 2018 in Monolith

Uno di quei film che visto una volta è anche troppo. Proprio un “filmetto”. L’idea è carina, tutto il resto è banale, scontato, una noia!

Premio l’audacia / 18 Dicembre 2017 in Monolith

Bel tentativo in salsa italiota di “costruire” un blockbuster americano.
Cosa che di la dall’oceano è la routine, qui da noi – diciamo – un pò meno…
Bene anche la trama…qualcosa di innovativo,certamente.
Ma…forse sarebbe stato meglio come episodio di Black Mirror! Troppi 80 minuti…la seconda metà mi ha decisamente annoiato.

Macchina supertecnologica / 4 Dicembre 2017 in Monolith

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Discreto thriller tratto dal fumetto di Roberto Recchioni pubblicato dalla Bonelli.
La protagonista Sandra (Katrina Bowden), ex membro di un gruppo pop, è in macchina con il figlio David di due anni, ed è tormentata dalla possibilità che il marito abbia un’altra relazione. La macchina è una Monolith, un modello recentissimo dotata di un’intelligenza artificiale (Lilith) e ai primi posti per la sicurezza dell’abitacolo.
Ma ad un certo punto, Sandra si ritrova fuori dall’auto nel deserto con il figlioletto che è rimasto chiuso dentro…
Il film va avanti tra alti e bassi; prima parte un pò piatta, i tormenti di Sandra e il rapporto con il figlio con il picco negativo della scena al negozio dove viene “riconosciuta” da un gruppo di ragazzi. Aumenta un pò di ritmo e tensione quando si prospetta il dramma, anche se il modo in cui accade è un pò paradossale; discreta la tensione, con Sandra che prova di tutto per scardinare le sicurezze della Monolith e alla fine avrà una buona idea anche se decisamente rischiosa.
Interessante progetto nato da un fumetto italiano.

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Sei sulla fiducia / 30 Novembre 2017 in Monolith

Un film italiano, che, una volta tanto, prova a proporre qualcosa di diverso dal solito, ispirandosi in questo caso ad una graphic novel della Bonelli. Protagonista è una giovane madre di nome Sandra (Katrina Bowden), proprietaria di una macchina iper-tecnologica chiamata Monolith: parla, diventa impenetrabile ed è indistruttibile oltretutto. Praticamente il fratello maggiore di Supercar. La donna, che è in viaggio con il suo piccolo figlio, si altera alquanto quando scopre che suo marito ha una relazione con una sua amica, che un tempo cantava in una band con lei. Decide quindi di andare a L.A., però la macchina, visto che è intelligente, sa che c’è un ingorgo sull’autostrada e la fa deviare per una stradina nel deserto. Ovviamente, nella notte capita un incidente, la donna tira sotto un cervo e scende a vedere che è capitato. I guai iniziano ora, con il bimbo rimasto proprietario dello smartphone, dove c’è pure l’applicazione della macchina. Neanche a dirlo, blocca tutto, isolandosi dentro la macchina impenetrabile ed indistruttibile. La donna dovrà trovare una soluzione, ma la attende una dura lotta con il deserto e quindi animali pericolosi, nessuno che può aiutare e naturalmente, temperature altissime. Il film funzionicchia, diciamo così, non è esattamente un granchè come me ne avevano parlato, mi aspettavo di più. Però al tempo stesso ci sono delle cose da apprezzare, prima di tutto l’idea non male e la durata giustamente contenuta, in linea con quel che ha da offrire la trama. Non si può certo gridare al miracolo per quanto riguarda la recitazione (niente di male, però, appunto, pensavo meglio) e gli effetti (alcune scene in CGI sembrano del 2002 fate conto). Però alla fine non mi è dispiaciuto così tanto da stroncarlo con un brutto voto. Speriamo che il regista Silvestrini continui comunque su questa linea, andando a migliorare col tempo i suoi lavori. Se non altro, è qualcosa di diverso dalle solite commedie romantiche o demenziali che sono purtroppo sempre in gran numero nel cinema italiano.

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Esperimenti / 9 Luglio 2017 in Monolith

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Monolith è un progetto multimediale decisamente interessante composto da una graphic novel in più volumi edita da Bonelli e da un lungometraggio cinematografico co-prodotto da Sky Cinema e dalla stessa Bonelli. La storia si basa su un soggetto firmato dallo sceneggiatore bonelliano Roberto Recchioni, grande appassionato di cinema che, analogamente a quanto fa sulle pagine delle pubblicazioni a fumetti a cui lavora, ha riversato nella traccia del film di Ivan Silvestrini (classe ’82) numerosi riferimenti cinematografici di derivazione horror, thriller e sci-fi.
Lo scenario aperto da questo esperimento è estremamente stimolante, perché propone pressoché in contemporanea contenuti presentati attraverso medium diversi che declinano lo stesso soggetto in maniera diversa (film e fumetto presentano sostanziali differenze).

Monolith è un film di genere, cosa di per sé encomiabile nel panorama cinematografico italiano, un thriller on the road con suggestioni orrorifiche che unisce spunti king-iani (Christine – La macchina infernale su tutti) a echi slasher. Oltre a questo, il pretesto narrativo del film attinge variamente ad argomenti di attualità: in primis, l’uso e l’abuso della tecnologia. In questo caso, si parla di un marchingegno sviluppato per garantire totale sicurezza e incolumità degli esseri umani.

A fronte di premesse molto stuzzicanti e perfino coraggiose e di un risultato estetico di notevole impatto, però, il film di Silvestrini si risolve in un prodotto abbastanza convenzionale che si dipana principalmente nella “solita” sfida che oppone la resistenza e l’ingegno umano alla costitutiva stolidezza di un oggetto tecnologico, senza introdurre elementi di particolare rilievo in questo atavico conflitto.

Sandra (Katrina Bowden) è una giovane donna bloccata fuori dalla sua ipertecnologica automobile nel bel mezzo del nulla. Nell’abitacolo dell’auto, c’è il suo bambino di pochi anni, David. Sandra non può entrare, David non può uscire. L’automobile, controllata da un assistente digitale simil-Siri di nome Lilith, ha ravvisato un pericolo e ha agito di conseguenza, gettando le fondamenta del dramma. La causa scatenante dell’inghippo, però, non è propriamente la “volontà” dell’auto, quanto la sventatezza e il momentaneo squilibrio psicologico della donna uniti alla naturale e incolpevole curiosità del figlio. Forse, qui, sta la vera originalità del plot, ma, personalmente, non mi ha convinta appieno.

Se pure la nerissima e inscalfibile auto può essere interpretata come metafora di un ventre matrigno, buio, cavernoso e insensibile, Monolith (l’auto) e Lilith (il sistema operativo che la regola di concerto con il suo guidatore e che, in realtà, risulta spento durante tutto il dipanarsi del dramma), non sono veri personaggi e non forniscono alcun apporto sensibile al racconto. Sono oggetti di scena e tali restano, muti come il corvo di Poe sulla porta, ma privi della stessa silente solennità. Non c’è una specie di “gioco diabolico” in atto, non c’è un confronto “alla pari” fra Sandra e Lilith, fra l’intelligenza umana e quella artificiale, perché non sono né la macchina né l’OS a dare il via al dramma raccontato nel film: è Sandra la causa di ogni male. Se il bambino fosse caduto in un pozzo o si fosse ustionato con l’acqua calda, il succo sarebbe rimasto lo stesso. La trama si basa essenzialmente sul tormento psicologico della protagonista, che si sente inadeguata e insicura, ma il suo lavorìo interiore è spesso quasi impalpabile (complice anche un’interprete non sempre all’altezza).
Prendere atto dello spreco narrativo del fattore ipertecnologico (Monolith e Lilith) in favore di questo taglio esclusivamente psicologico è stato per me quasi doloroso, benché abbia ritenuto le premesse molto stimolanti.
L’assunto per cui Monolith è, di nome e di fatto, un monolite nero e immoto di kubrickiana memoria (sorvolo sulla regressione a primate urlante di Sandra, con tanto di chiave inglese/osso in mano), paradossalmente, non incide in alcuna maniera sulla storia: non è la macchina iperprotettiva a creare davvero problemi, quanto la disattenzione diffusa della sua proprietaria. La sua psiche confusa avrebbe potuto giocare in maniera molto interessante con Lilith, ma così non è accaduto. Così, il film si risolve in una canonica corsa contro il tempo che, se pure offre qualche momento di buona tensione, mostra troppo chiaramente i propri limiti.

Ad ogni modo, il film merita una visione e Silvestrini è giovane, talentuoso, ardito: mi ha incuriosita e spero di recuperare altri suoi lavori (vedi, il recente 2Night).

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