Recensione su Miyo - un amore felino

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Anime sbilanciato. Come la sua protagonista / 1 Luglio 2020 in Miyo - un amore felino

Miyo – Un amore felino (Nakitai watashi wa neko wo kaburu), il nuovo lungometraggio dello Studio Colorido (Volevo solo mangiare il tuo pancreas), è un anime fanta-romantico che si basa sulle leggende tradizionali legate a yōkai (diciamo, i demoni) con aspetto felino, come i bakeneko e i nekomata. Secondo alcune leggende giapponesi, infatti, i gatti (neko), similarmente alle volpi (kitsune) e ai cani procioni (tanuki), hanno poteri metamorfici e sono in grado di evolversi in creature sovrannaturali capaci di assumere anche l’aspetto umano.
La protagonista dell’anime Colorido, l’adolescente Miyo, acquista la capacità di diventare un gattino bianco, indossando una magica maschera ricevuta da quello che sembra proprio un bakeneko, un gatto mostruoso molto grosso capace di muoversi sulle zampe posteriori. Grazie a questo potere, Miyo entra in intimità con Kento, uno schivo compagno di scuola che, credendola un gattino randagio, la accoglie benevolmente in casa, profondendosi in tenerezze e confidenze.

A fronte di un apparato scenico che azzardo a definire commovente, con fondali iper dettagliati e una bella rappresentazione della ruralità contemporanea nipponica, Miyo – Un amore felino non mi è piaciuto: è un film prolisso e sbilanciato (in questo senso, proprio come la sua protagonista, che inciampa, rotola e casca appena può), in cui i sentimenti sono sempre (inutilmente) esasperati (ok, è un cartone jappo, ma qui si esagera un po’).
Eppure, offre diversi spunti narrativi interessanti (il rapporto genitori-figli e la mancanza di dialogo, il bullismo scolastico, le belle amicizie). In sostanza, a prer mio, difetta in compattezza ed esagera coi sentimentalismi: credo che, finora, sia l’anime in cui ho sentito più volte pronunciare la frase Ti amo.

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