6 Maggio 2013
Si tratta di un “sette” stiracchiato, dovuto più che altro all’empatia che ho sviluppato nei confronti della protagonista durante la visione del film, nonostante quello di Irene/Miele, pur essendo un personaggio interessante, sia afflitto da alcuni vizi di sceneggiatura.
Ecco, il difetto maggiore di questa opera prima della Golino in versione regista è, a parer mio, lo script, in cui figurano alcuni difetti palesi (il problema cardiaco di Irene, per esempio, non ha alcun senso ai fini narrativi) ed un tentativo, riuscito solo in parte, di rendere il più possibile oggettivo il racconto.
Il tema è spinoso e complesso, perciò ho apprezzato l’impegno profuso dalla Golino (anche sceneggiatrice) nel voler evitare il pietismo gratuito, ma l’esito non mi ha convinta.
La Trinca è brava ed intensa, ma confesso che, a tratti, la sua mimica un po’ convulsa (quelle mani…) e la dizione mi hanno lasciata perplessa: troppa poca misura, ecco.
Inoltre, ho afferrato poco alcuni simboli ricorrenti nel film. Su tutti, mi vengono in mente le ballerine (?) e i libri: le case in cui entra Irene strabordano di libri, ad eccezione della prima che è anche l’unica in cui compare un’immagine a tema religioso. Sono certa che questo dettaglio intendesse esprimere un concetto. Quale, però, mi è, in definitiva, oscuro.
Interessanti la fotografia (pulita, luminosa) e le scenografie (tutti gli ambienti hanno un tono domestico ma intrigante, grazie ai numerosi dettagli vintage), gradevole ed azzeccata la colonna sonora.

Concordo con la tua recensione 🙂 sebbene il mio sia un 7 pieno. La Trinca è stata molto più credibile nelle scene “solitarie e di estraniamento ” , e nel film ce ne sono molte; in quelle in cui si evincono contrasti verbali, invece, la sua recitazione mi è parsa un po’ affettata, forzata. Per quanto riguarda il ” problema cardiaco”, mi permetto di dare una mia breve interpretazione. Di sicuro è poco utile ai fini narrativi, ma dà un’ulteriore sfumatura sull’ interiorità del personaggio. Nel corso della storia, è sempre più evidente la sua difficoltà di annullamento di fronte alla sofferenza. Spesso ripete che per far bene il suo lavoro bisogna essere “invisibili”… ma, nonostante questa sua apparente freddezza, non riesce poi ad essere così indifferente alle persone con le quali entra in contatto: l’amicizia con l’ingegnere ne è un esempio. Le palpitazioni sono un sintomo, il risultato per aver somatizzato questa sua inquietudine. Non è un caso che il disturbo si manifesti nei maggiori momenti di ansietà e/o di stress. E’ il corpo che prima ancora della presa di coscienza della protagonista, le si rivela, esprimendosi in un punto ben preciso: il cuore ….e non credo sia casuale.