Recensione su Melancholia

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Il prologo è meraviglioso / 19 Settembre 2014 in Melancholia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Più o meno in ogni recensione su Melancholia, specialmente in quelle negative, prima o poi ci si imbatte su una qualche lode al prologo, ritenuta l’unica parte degna di nota del film. Per quanto mi riguarda il prologo serve principalmente a due cose: la prima è dimostrare che Lars in futuro sarà in grado di girare splendide pubblicità di profumi, la seconda invece è svelare la mania di taluni a guardare troppo i canoni estetici di una pellicola, snobbando i contenuti.
Ora, ogni tanto ci si imbatte in qualche autore le cui opere (tutte, anche le più brutte) appaiono particolarmente perfette, probabilmente a causa della somiglianza caratteriale tra creatore e fruitore dell’opera. Per me è il caso di Lars Von Trier. Provo un innato amore per ogni cosa partorita da questo individuo, e sto parlando di tutto, che siano film o stupide provocazioni infantili rilasciate in pubblico (leggasi Cannes). Detto questo posso anche parlare un po’ del film in maniera assolutamente non parziale.
Il film è meravigliosamente dicotomico. Abbiamo un prologo elegante che cozza notevolmente con il resto del film girato con la telecamera a spalla, abbiamo una seconda parte di film che sembra completamente sconnessa alla prima parte, ed infine abbiamo due sorelle dai caratteri pressoché opposti (ma solo in superficie). Da una parte Justine, apparentemente gioiosa ma che nasconde un animo malinconico, dall’altra invece Claire, personaggio molto preciso e freddo, ma che cova dentro sé una discreta ansia.
Questa relazione/contrapposizione tra sorelle mi ha ricordato molto “Il silenzio” di Bergman, anche lì infatti le sorelle rappresentavano due aspetti dell’umanità ben distinti (razionalità/istinto). Tuttavia Von Trier va leggermente oltre, circonda le protagoniste di altri personaggi allargando decisamente lo spettro. Ci troviamo quindi con il marito di Claire che rappresenta la mentalità scientifica, il datore di lavoro di Justine che rappresenta l’eccessivo legame con affari e denaro etc.
Troppe persone secondo me si sono concentrate sull’aspetto apocalittico del film a discapito di quello che mi pare il reale senso del film, ovvero voler mettere in luce le diverse reazioni umane di fronte a una catastrofe. La collisione planetaria è solo un pretesto, l’uomo viene messo di fronte alla morte imminente e alla conseguente perdita di significato della vita (un po’ il senso dell’assurdo di Camus). E così Lars ci mostra le varie reazioni. La scienza è la prima a soccombere davanti alla morte, riconoscendo il proprio limite, la calma apparente di Claire lascia spazio sempre più ad un’angoscia invalidante e alla fine l’unica in grado di reagire sarà proprio Justine, colei che pareva la personalità più debole. Justine infatti entra in crisi all’inizio del film, quando ancora la minaccia del pianeta Melancholia è lontana, entra in crisi non per l’eventuale collisione bensì perché corrosa dal mondo che la circonda. La vera differenza tra Justine e la sorella è la capacità della prima di riconoscere l’assurdità della vita in tempi non sospetti, ovvero quando ancora la minaccia di una morte inevitabile è nascosta. Una volta capito questo, niente la spaventa più (“Se pensi che abbia paura di un pianeta, allora sei proprio stupida”).
La depressione come processo di rafforzamento quindi. Un film poetico, desolante e forse troppo sopravvalutato.

P.S.
Il prologo è davvero fantastico, altro che pubblicità dei profumi.

1 commento

  1. Erik / 19 Settembre 2014

    mi è piacuto molto questo passaggio:

    “La scienza è la prima a soccombere davanti alla morte, riconoscendo il proprio limite”

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