16 Agosto 2014 in Arriva John Doe

Capra affonda le mani nella metafora e, usando a pretesto la fantasiosa possibilità che costituisce il motore del film, traccia una parabola che, soprattutto nel finale, si fa pregna di parallelismi religiosi, a testimonianza del fatto che l’umanità non è mai in grado di comprendere le lezioni della storia.
Purtroppo, è proprio l’ultima parte del film, piuttosto prevedibile, nel bene e nel male, ad avermi un po’ stancata e ad avermi fatto pesare l’ “età” della pellicola.

Il film è garbato, divertente, davvero ben interpretato e la buona confezione consente di non storcere troppo il naso dinanzi agli evidenti stereotipi e cliché adottati.
Gary Cooper, magnifico, davvero magnifico quarantenne, ha un viso pregevole, mobile e particolarmente espressivo, ricco di sfumature, aperto, affettatamente semplice nei modi ma sicuramente affascinante.
La Stanwyck è molto brava nella prima parte del film, quando veste i battaglieri panni di una donnina moderna, anticonformista, machiavellica, mentre diventa davvero stucchevole con l’avanzare della vicenda.

Purtroppo, ho visto la versione del film ridoppiata negli anni Ottanta, con un sonoro da dimenticare ed un pestifero accompagnamento musicale non originale e realizzato con strumentazione digitale.
Se potete, recuperate il titolo con il primo doppiaggio italiano (l’edizione della Sinister Film li contiene entrambi) o, addirittura, in versione originale: ne va sicuramente dell’atmosfera generale del film.

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