4 Recensioni su

I compari

/ 19717.825 voti

Un piccolo cult / 17 Settembre 2020 in I compari

Che non vedevo questo film era parecchio, l’ultima volta che lo vidi non lo amai, lo riscontrai molto avventato, insensato, quasi patetico, che non aveva alcun nesso con i criteri del genere. Ora invece, diciamo che mi sono ricreduto, in quello che è stato per molti anni un film “lasciato da parte”. Un western diretto da Altman, il padre della New Hollywood, degli amori difficili, delle situazioni complicate di una donna, della nascita dei dissidenti e della violenza conformista, non c’è da stupirsi infatti che proprio in questo film molti dei temi “newhollywoodiani” sono presenti: il protagonista MacCabe – Warren Beatty – si presenta molto debole sia caratterialmente che alla pistola, incapace di dichiarare il suo amore alla mrs.Miller – Julie Christie -, mentre lei è molto più forte dell’uomo, bisbetica, donna “factotum” in grado di gestire molti ruoli da sola, con l’imprudenza di farsi pagare ogni qualvolta i due soci fanno l’amore – cosa che ho apprezzato molto, forte riflessione sulla rivincita di una donna, di una rivalsa verso l’opposizione dei due mondi di faccia “maschio/femmina” che all’epoca era in pieno vigore, basti pensare a “Alice non abita più qui” o “Una donna tutta sola” -. Insomma, questo film non sarà ricordato per essere un grande western, non è certo violento come “Il mucchio selvaggio” ma sicuramente più possente e romantico di “Romantico avventuriero”. La sequenza finale è letteralmente agghiacciante, dolorosa, graffiante. La regia è di un’eleganza magistrale che di fatto si sposa raffinatamente con una fotografia straordinariamente diegetica, in armonia con gli ambienti e i personaggi. If you haven’t done it yet, go and see it!

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5 Novembre 2014 in I compari

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ghiaccio, pallottole e prostituzione. Sono questi gli ingredienti del film diretto da Robert Altman nel 1971. Sto parlando di una pellicola superba: McCabe & Mrs. Miller, un’opera che vi consiglio caldamente.

Il film, ambientato in un paesaggio innevato che riporta gli appassionati dello Spaghetti Western ai paesaggi innevati visti ne Il Grande Silenzio (1968 ndr) con l’unica differenza che Corbucci gira a Cortina d’Ampezzo, invece Robertone Altman a Vancouver. La trama del film ruota attorno ad una comunità di bifolchi sviluppatasi sulle montagne innevate chiamata Presbiterian Church, proprio perché il fulcro della comunità è una Chiesa Presbiteriana. L’insediamento però più che alla preghiera sembra interessarsi a sbronzarsi, infatti la Chiesa non è stata mai completata e verso la fine va pure a fuoco. Irrompe nella quotidianità e nell’amoralità del villaggio di minatori un certo McCabe. McCabe è un uomo avvolto nel mistero, si presenta come un uomo d’affari eppure la “fama” da duro lo precede. Agli occhi di tutti è un pistolero formidabile, un uomo senza macchia o paura, e sfrutta le dicerie sul suo conto a suo favore. Naturalmente McCabe è semplicemente un pallone gonfiato, è un anti-eroe, è un imprenditore che vorrebbe creare una città fondata sul gioco d’azzardo e sulle squillo di lusso. Farà venire una serie di prostitute per la sua attività, attività a cui
sarà interessata Mrs. Miller una prostituta che farà innamorare il nostro, sbriciolando il suo ego da uomo che non deve chiedere mai. Altman realizza così un western che è talmente western da andare oltre il genere.

I compari è molto più di un film su cowboy e sgherri da quattro soldi. Prima di essere un western è, infatti, una storia d’amore. Una love-story impossibile fra due personaggi incompresi. Quello mostrato dal regista è senza ombra di dubbio un amore che non potrà mai consumarsi. Siamo seri, McCabe si presenta come un duro, un uomo tutto d’un pezzo, eppure è soggetto alla bellezza e al carisma della signora Miller, una prostituta tutto fare che lo farà pagare ogni volta faran l’amore (cosa che il romantico McCabe sdegna, ma fino ad un certo punto). Sarà la signora Miller a mandare avanti baracca e burattini, mostrando abilità nei conti, nel marketing e nelle marchette.

Battuta pessima a perte, il ruolo femminile è magnifico. La donna non è subordinata all’uomo, non è una storia di uomini per uomini (come molti western), I compari è un film che ruota attorno a due mondi (quello femminile e quello maschile). Certo, alla donna viene affibbiato il ruolo di prostituta ma va contestualizzato: stiamo parlando sempre di un western, un genere in cui la donna ha una difficile collocazione. Quindi in un genere maschio, anzi nel genere più maschio che ci sia nella storia del cinema americano, Robert Altman inserisce un personaggio come la Signora Miller, la quale è dotata di tutte le qualità che mancano a McCabe. La trama scorre, fra luci soffuse, regia e montaggio più che virtuoso, con tanto di sparatorie dilatate, quasi un rimando all’uso del ralenti di Peckinpah e scazzottate in cui ci scappa il morto. Una delle scene più belle è quella con la Signora Miller che piange per via di McCabe. Il suo infatti è un destino ormai segnato: al nostro verrà proposto di vendere ma rifiuta facendosi beffa del prossimo. Si arriva così a conoscere l’altro lato di McCabe, un uomo che scoprendo il modus operandi della società mineraria interessata al lotto, sarà disposto a tutto pur di salvarsi.

Perfino a riempirsi di parole che non aveva mai fatto proprie. Le scene finali, quelle della battaglia senza quartiere, una lotta all’ultimo sangue, ma anche quelle concernenti una Mrs. Miller moralmente distrutta, rendono l’opera quel capolavoro che effettivamente è. Se avete modo vedetelo con la vostra ragazza o con il vostro ragazzo, è un western intramontabile che dà spazio al ruolo femminile non ne rimarrete delusi/e oltre al fatto che potrebbe scapparci perfino l’immedesimazione. In fondo ognuno di noi è un po’ Miller e un po’ McCabe.

DonMax

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Money and pain / 22 Aprile 2014 in I compari

Incantevole western, impastato di fango e gelo, dove ogni cosa è al posto giusto, frutto di un perfetto concerto di ispirazioni; alla geniale regia di Altman si affiancano la valida sceneggiatura di una storia di soldi e dolore; una fotografia struggente e delicata che diffonde di rossa fiamma gli interni e impallidisce al livido orizzonte innevato; le magiche cantilene sugli arpeggi di Leonard Cohen; l’ottima verve di Warren Beatty e Julie Christie (attori per i quali generalmente non stravedo); una scenografia realistica, robusta, lignea, fatta di passerelle sui pantani, ponti sospesi, rozzi banconi e tavoli da gioco poco illuminati.
La neve ammanta silenziosa e immacolata la morte imminente in un finale nei canoni del duello risolutore, ma poeticamente connotato dalla dolente interruzione di una storia d’amore appena uscita dal bozzolo, tra due caratteri fieri e apparentemente immuni al sentimento…
Per chi come me ha amato la serie Deadwood, impietosamente mozzata dalla HBO alla terza stagione, non sarà difficile scorgere i numerosi spunti da cui ha tratto ispirazione David Milch.
Uno dei tanti gioielli nel cinema di Altman, un regista che resta sempre un po’ ai margini delle chiacchiere da caffé sulla settima arte.

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If a frog had wings, he wouldn’t bump his ass so much, follow me? / 21 Settembre 2013 in I compari

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Io non cerco di distruggere le strutture classiche della commedia o del western, ma di rendere tutto più accettabile, ossia di distruggere l’idea del modello.” Con questa frase Altman riassume l’idea del film, abbattere il modello della mitologia western così com’era stato concepito finora da grandi cineasti come Ford o Zinnemann, l’eliminazione di luoghi comuni e d’ogni velleità umana o romantica al fine di fornire allo spettatore un prodotto “nudo e crudo”, dall’impatto immediato (supportato anche dall’ampio uso dell’overlapping, marchio di fabbrica di Altman). Il protagonista, McCabe, non è un uomo tutto d’un pezzo alla John Wayne ma un giocatore-pistolero di ben dubbia reputazione (la quale verrà pian piano sgretolata nel proseguo del film) ; il “sogno americano” si riduce all’apertura nello squallido paesino di Presbyterian Chruch di un bordello che McCabe rifiuta poi stupidamente di vendere, credendo di fare buona impressione sulla compagna d’affari, la prostituta Constance Miller (donna forte e intelligente, a differenza di lui). Il duello finale poi tocca l’apice, di mattina presto tra la neve (nessun mezzogiorno di fuoco qui), privo di qualsiasi stereotipo proprio del mito western, quattro uomini (McCabe e i sicari) che si muovono goffamente tra la neve col principale obiettivo di salvare la pelle, dove McCabe non si fa remore di colpire a tradimento i killer. Alla fine egli morirà ferito a morte in mezzo alla bufera, tra l’indifferenza totale dei paesani (impegnati a spegnere l’incendio nella chiesa) mentre la Miller, presagendo la morte del compagno (col quale era andata a letto sempre a pagamento tranne la sera prima) cercherà di placare il dolore in un’oppieria, con un’ultima zoomata sull’occhio inerme della donna mentre risuona la splendida Winter Lady di Leonard Cohen (“Trav’ling lady stay awhile until the night is over. I’m just a station on your way, I know I’m not your lover.). Un film magnifico dalla notevole fotografia, Altman qui presenta un ritratto quanto mai miserabile e atipico del western, colmo di malinconia e rassegnazione.
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