Mank

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Mank

Per anni, la sceneggiatura del film 'Quarto potere' di Orson Welles (1941) è stata al centro di una lunga diatriba con risvolti legali, tra Welles e lo sceneggiatore Herman J. Mankiewicz.
Clicca qui, per sapere di più sulla vera storia di 'Quarto potere'!
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: Mank
Attori principali: Gary Oldman, Amanda Seyfried, Lily Collins, Arliss Howard, Tom Pelphrey, Sam Troughton, Ferdinand Kingsley, Tuppence Middleton, Tom Burke, Joseph Cross, Jamie McShane, Toby Leonard Moore, Monika Gossmann, Charles Dance, Jack Romano, Adam Shapiro, John Churchill, Jeff Harms, Derek Petropolis, Sean Persaud, Paul Fox, Tom Simmons, Nick Job, Colin Ward, Cooper Tomlinson, Julie Collis, Arlo Mertz, Craig Welzbacher, Jessie Cohen, Desiree Louise, Amie Farrell, Ian Boyd, Jay Villwock, Lou George, John Lee Ames, Bill Nye, Richmond Arquette, David Lee Smith, Mario Di Donato, James Patrick Duffy, Flo Lawrence, Sebastian Faure, Randy Davison, Christian Prentice, Leven Rambin, Rick Pasqualone, Gary Teitelbaum, Eden Wattez, Roslyn Cohn, Mark Fite, John Patrick Jordan, Ben Mankiewicz, Natalie Denise Sperl, Brian Michael Jones, Camille Montgomery, Craig Robert Young, Paul Carafotes, Anne Beyer, Joey Hagler, Sean Donnellan, Stewart Skelton, Malachi Rivers, Keith Barber, Kaytlin Borgen, Madison West, Elvy, Ali Axelrad, Adrienne Evans, Wylie Small, Dana Lyn Baron, Jaclyn Bethany, Cary Christopher, Michelle Twarowska, Kingston Vernes, Jordan Matlock, Anthony Molinari, Daniel Hoffman, Sebastian Twohey-Jacobs, Mostra tutti

Regia: David Fincher
Sceneggiatura/Autore: Jack Fincher
Colonna sonora: Trent Reznor, Atticus Ross
Fotografia: Erik Messerschmidt
Costumi: Trish Summerville, Ariel Gold
Produttore: Douglas Urbanski, Ceán Chaffin, Eric Roth
Produzione: Usa
Genere: Drammatico, Storia, Biografico
Durata: 132 minuti

Dove vedere in streaming Mank

Fincher uno di noi, nerd di Orson Welles / 28 Marzo 2021 in Mank

Ogni scarrafone è rosabella a mamma soja / 9 Dicembre 2020 in Mank

È un film grandioso nel suo sforzo restaurativo: nella fotografia, nel montaggio, nelle interpretazioni e nella musica Fincher e la sua truppa restituiscono l’estetica autentica del grande cinema hollywoodiano in bianco e nero, che lo spettatore sprovveduto (o sognatore…) potrebbe persino non distinguere dagli originali.

Come nel classico di Orson Welles una analoga indagine, dall’andatura ipnotica e ossessiva e dalla progressione frustrante per lentezza e accumulo di testimonianze di dubbia attendibilità, conduce finalmente al fragoroso monologo etilico di Gary Oldman/Herman Mankiewicz (anticipato nella locandina) come al disvelamento della “Rosabella”. Quella disillusione, al culmine del suo fallimento praticamente definitivo, sarebbe la vera ispirazione dietro le 400 pagine di sceneggiatura del suo “Citizen Kane”.

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La parabola della scimmia del suonatore d’organetto / 5 Dicembre 2020 in Mank

Voto: 8 stelline e mezzo

Fincher torna al cinema a sei anni dall’ultimo lavoro e lo fa raccontando una storia bollente come quella di The Social Network anche se molto meno recente: i travagliati retroscena dietro la sceneggiatura del capolavoro Quarto Potere.
Diciamo subito che andare a toccare l’opera prima di Orson Welles è stata una scelta assai azzardata ma anche parecchio coraggiosa perché il confronto con il capolavoro del ’41 viene naturale e una cattiva gestione di questo vaso di pandora cinematografico avrebbe potuto rovesciare i mali contenuti al suo interno tutti addosso a Fincher.

Allora, la carne al fuoco è tanta e per cogliere tutte le sfaccettature di un’epopea di questo calibro ci vogliono più visioni e una comprensione del cinema al sottoscritto ancora ignota, quindi prendete quello che sto scrivendo come un flusso di coscienza più che come una recensione.

Andiamo al sodo, Fincher, con Mank, tocca vette di perfezione/ossessione stilistica mai toccate prima, una cura per il dettaglio MA-NIA-CA-LE: dalla ricercatissima riproduzione del suono analogico dei primi film con sonoro ai bollini di sincronizzazione in alto a destra che segnalano il cambio di pellicola.
La scelta del bianco e nero meraviglioso è stata fondamentale, dona quell’aspetto retrò e elegante che ti catapulta in un batter d’occhi nella Hollywood degli anni ’30.
Regia cristallina, abbastanza statica, con pochi ma notevoli movimenti di macchina e qualche piano sequenza, classico, alla Fincher, nei corridoi.
Sceneggiatura di pregevole fattura, perfettamente in linea con la regia.
Eccellente anche il montaggio che da un certo ritmo(che verso i tre quarti della storia rallenta forse un po’) nonostante i 130 minuti e soprattutto ogni volta che viene nominata una persona(e sono tante) si sa sempre di chi si sta parlando e in più quel pazzo di Fincher usa in ordine sparso flashback e flashforward riuscendo perfettamente a mantenere il filo conduttore e anzi fa di questa narrazione labirintica il suo punto forte e il suo marchio di fabbrica.

Gary Oldman superbo, cito lui perché è l’attore centrale ma una prova corale di tutto il cast: Lily Collins nel ruolo della vita,ottimi anche Amanda Seyfried, Arliss Howard, Tuppence Middleton e Tom Burke nel ruolo di Orson Welles.

Il personaggio di Herman Mankiewicz (Oldman) è di base molto stereotipico: classico scrittore che beve parecchio e fuma ancor di più, convinto di essere al capolinea da parecchio tempo.
Mank è un uomo autoironico dalla lingua tagliente che si diverte nel provocare la crema dell’elite cinematografica repubblicana nei salotti delle proprietà di William Randolph Hearst(magnate e imprenditore la cui vita ispirò Mankiewicz per il personaggio di Charles Foster Kane in Quarto Potere) con i suoi ideali socialisti(nel film verrà citato più volte Upton Sinclair, attivista socialista in quel periodo e scrittore di molti romanzi tra cui Oil!, da cui è tratto Il Petroliere di Anderson) che però finiranno per sbattergli sui denti quando capirà di essere un ingranaggio di un sistema molto più grande di lui.

Ci sarebbe da parlare per ore di tutto il panorama politico che fa da da sfondo: la grande depressione, l’avvento di Hitler, l’utilizzo del cinema come mezzo di becera propaganda politica.
Mank forse è quasi un McGuffin, un biopic per raccontare molto altro, qualcosa che a me sfugge dopo una sola visione e che forse qualcuno più colto di me saprà cogliere.

Tirando le somme: indubbiamente un film sentito, forse il più sentito, prima di tutto per il discorso che si sta toccando Quarto Potere e secondo perché la sceneggiatura venne scritta dal papà di Fincher, Jack, negli anni ’90 e rimase in attesa di essere prodotta, quindi l’ho vista come una crociata personale per Fincher.

Insomma una prova che ha confermato l’estrema formalità del regista classe ’62 per un film che è indubbiamente il migliore del 2020 a mani basse.

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