Recensione su Manhattan

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Torna a casa, Woody / 22 Ottobre 2013 in Manhattan

Metti una sera da solo in soggiorno, la famigliola stanca già a letto, scorri l’occhio sui dvd perchè alla tv non danno niente di che e il libro l’hai finito ieri sera.
La scritta blu su dorso carta da zucchero, lo skyline di New York. Un vecchio amico di nome Ike e le sue paranoie e idiosincrasie filiformi, il suo humour yiddish.
Tornare al Woody Allen dei tempi d’oro è sempre un’esperienza elettrizzante. E’ riscoprire la magistrale sequenza, a livello di inquadrature, luci ed ombre del dialogo amoroso al Planetarium. E’ rivivere – non semplicemente “riascoltare” – la Rapsodia in Blu di George Gershwin, magicamente, epidermicamente legata alla Grande Mela.
E’ assistere con magnifico sfinimento ai dialoghi cerebrali, caustici, davanti al tavolino di un locale, negli interni di un loft, lungo le strade sovrastate dagli imponenti grattacieli a specchio, bere con avidità ogni singolo twist verbale di questo piccolo genio e dei suoi gagliardissimi compagni di colloqui (la Streep, la Keaton, Michael Murphy).
Nel celeberrimo incipit Allen incide sul marmo la sua innata vocazione metropolitana: “New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata“. Una città in bianco e nero che pulsa dei motivi di Gershwin, affatto realistica ma anzi totalmente e magicamente reinterpretata dal cinema.
Siamo in parecchi a gioire alla notizia che il nostro Woody è tornato “a casa” – dopo una non del tutto convincente parentesi europea – con Fading Gigolò (uscita in Italia primavera 2014), seppure la regia sia nominalmente in mano a Turturro.

1 commento

  1. hartman / 24 Ottobre 2013

    Allen é una garanzia.. E infatti dopo 4 mesi che non guardavo un film non ho potuto che ripartire da lui..
    Manhattan é meraviglioso.. Bella recensione

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