3 Recensioni su

Manderlay

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Le piccole comunità di Von Trier / 30 Giugno 2014 in Manderlay

La miscela che aveva dato vita a Dogville, viene ripresa da Von Trier per questo lungometraggio del 2005. Non cambiano i protagonisti, cambiano invece gli interpreti (Nicole Kidman è sostituita dalla comunque valida Bryce Dallas Howard) e lo spettatore è di nuovo catapultato in una piccola comunità portatrice di un certo marciume, che viene mostrato a poco a poco.
Se Dogville toccava il tema della diffidenza verso lo straniero, Manderlay punta invece sul concetto universale della libertà umana e sugli effetti collaterali di una democrazia imposta dall’esterno. Rispetto al predecessore, perde un po’ quella sensazione di angoscia e soffocamento a cui lo spettatore era costretto impotente, risultando meno incisivo, ma sicuramente di buona fattura.

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Meglio Dogville / 15 Maggio 2012 in Manderlay

Secondo nella trilogia, questo Manderlay risulta carino, vedibile. Tratta il razzismo e lo schiavismo in America e come proprio per la gente sfruttata e resa schiava sia difficile uscire da quel contesto assurdo e incivile. Ma Dogville risulta a mio avviso molto più bello e intenso. Ma l’icredibilità di questi due film è il fatto che dopo poco anche se inesistente la scenografia appare nella fantasia di chi vede. A dir poco geniale.
Comunque la prima parte risulta anche un po’ noiosa e non particolarmente avvincente. Nella seconda migliora ma non troppo.

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15 Ottobre 2011 in Manderlay

E’ il seguito di “Dogville” e prende le mosse proprio dall’ultima scena del film che va a seguire. Ora Grace arriva in una nuova comunità, costituita da schiavi negri, assoggettati ad una perfida megera ed alla sua famiglia. Con l’aiuto dei gangster del padre si propone di educare ai principi della democrazia quel gruppo di reietti.
La prima parte non sembra brillare troppo, se non per l’ovvio paragone con la realtà politica americana (Grace ed i gangster si ergono a consiglieri della democrazia insegnando ai popoli la via per il viver civile; le armi sono solo una precauzione), ma nella seconda parte viene a galla quell’aspetto sconvolgente che aveva caratterizzato il primno film. La paura della libertà, il timore di non riuscire a capire le regole del nuovo vivere, il pensiero di dover decidere della propria esistenza, il peso della responsabilità..tutti motivi che si incanalano nella comoda schiavizzazione psicologica che quella comunità non vuole abbandonare.
Sicuramente meno cupo del precedente, seppur supportato dalla buona interpretazione di Bryce-Dallas Howard, non raggiunge i livelli di “Dogville”.
Il ruolo di Grace è capovolto rispetto al primo film e l’idea di una scenografia da teatro, seppur allargata, non ha la stessa resa, ma il film non si perde e proprio per i suoi agganci con l’attualità non risulta scadente.

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