Recensione su Interceptor

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Qui inizia il fenomeno Mad Max / 13 Dicembre 2016 in Interceptor

Prima del fenomeno The Blair Witch Project, Mad Max è stato per vent’anni il film con il miglior rapporto costi/ricavi (superò i 100 milioni di incassi a fronte di un investimento di poche centinaia di migliaia di dollari).
Un così grande successo da parte di una pellicola low budget può giustamente stupire per diversi motivi: intanto perché si tratta di una produzione australiana, addirittura inizialmente cassata dai distributori USA per i suoi contenuti violenti (salvo poi ripescarla in fretta e furia dopo averne annusato il potenziale commerciale); poi perché arrivava in un momento storico in cui dominavano i blockbuster americani, che facevano il pienone in quelle sale cinematografiche che dal secondo dopoguerra avevano iniziato a registrare un costante calo di pubblico; infine – ed è forse l’aspetto che rende più complessa la spiegazione del fenomeno – perché si innestava in un filone, quello del road movie, che aveva al suo attivo già diverse pellicole di successo (dall’Easy Rider che dieci anni prima aveva inaugurato la stagione della New Hollywood, ai vari Vanishing Point e Duel, con i quali il film di Miller ha molto da condividere).
Ciò che ha probabilmente decretato il successo mondiale di Mad Max è il sapiente dosaggio di road movie e distopia, due generi apparentemente lontani, ma che qui si incontrano e si uniscono alla perfezione.
Gli aspetti tecnico-stilistici hanno sicuramente inciso parecchio, con alcune sequenze davvero memorabili delle auto e delle motociclette lanciate a folle velocità sulle sperdute strade che attraversano le semi-desertiche outback australiane. Le riprese dal basso, rasente l’asfalto, dell’esordiente George Miller hanno giustamente fatto storia.
Il film ispirerà pellicole di culto come 1997: Fuga da New York ed avrà ben tre seguiti, il primo dei quali di livello paragonabile al primo (cosa abbastanza rara nella storia del cinema), pur con una decisa virata verso il distopico.
Il protagonista è interpretato da un Mel Gibson che conquisterà fama internazionale grazie ad una recitazione dimessa, alla Clint Eastwood.
Il titolo italiano, che sconta il discutibile proposito di tradurne uno in inglese usando un altro titolo in inglese, è invece ispirato all’automobile che è protagonista quanto Max, un modello costruito sulla base della Ford Falcon dei primi anni Settanta.

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