Recensione su Interceptor, il guerriero della strada

/ 19817.2132 voti

Il secondo Mad Max: una virata decisa verso la distopia e il punk / 19 Dicembre 2016 in Interceptor, il guerriero della strada

Il secondo capitolo della saga di Mad Max, dopo la fortuna del primo episodio, vira con decisione verso il distopico (probabilmente influenzato da Carpenter e il suo 1997: Fuga da New York), caratterizzando fortemente la pellicola e rendendola di fatto autonoma dal film originario (nonostante esso sia richiamato nell’incipit).
Ciò costituisce il pregio e forse anche un po’ il limite di questa nuova opera di George Miller: da un lato la spinta verso l’antiutopia introduce novità importanti ed evita la caduta nella ripetizione; dall’altro la connotazione punk è a tratti esagerata e caotica.
In ogni caso, si tratta di un sequel che tiene il passo del suo predecessore, cosa che avviene con rarità nel cinema e in particolare in ambiti fantastici come questo.
La sceneggiatura ha qualche forzatura abbastanza evidente, ma tutto sommato la storia regge bene grazie a continue invenzioni (anche se i richiami ad altre opere sono molteplici, dall’Iliade di Omero – come è stato fatto giustamente rilevare da qualche critico – al Duel di Spielberg, fino ai western anni Sessanta).
Mel Gibson è sempre più lanciato nel firmamento del cinema mondiale, nonostante un’interpretazione (ancora una volta) minimalista.
Per il resto buona parte del merito va a stuntman formidabili (che in alcuni casi si son fatti male seriamente) e alla eccezionale bravura di Miller nel dirigere le scene d’azione.
I due Mad Max (e in particolare questo secondo episodio) si innestano nel filone distopico post-apocalittico, che aveva fino ad allora prodotto poche pellicole di livello (escludendo cioè i b-movies imbarazzanti), come il Soylent Green di Fleischer.
A partire dagli anni Ottanta vi sarà invece un’inflazione del genere, che il primo film di Miller ha sicuramente contribuito a sviluppare.

Lascia un commento