Necessario / 21 Ottobre 2011 in L'uomo che verrà
Film molto bello, ben girato, con una ottima fotografia. Davvero una perla rara nel sempre più desolante panorama del cinema italiano.
Ma, quando in un film si vuole ad ogni costo evidenziare il messaggio (in questo caso importante, necessario soprattutto in questi tempi di oltraggioso revisionismo), il rischio è di cadere nel bozzettismo, nel didascalismo, nella retorica spicciola, nel manierismo. Difetti che il regista è riuscito in buona parte, con grande maestria, ad evitare, ma non è probabilmente stato capace di eludere l’altro rischio che incombe su film siffatti: lo scollamento della trama che, dovendosi plasmare, piegare al superiore assioma, può risultare artificiosa, spesso carica di simbolismi, troppo cerebrale.
Ed è proprio questo il caso della storia della bambina protagonista, Martina, che ha smesso di parlare dopo la morte prematura del fratellino e che, nell’Italia arcaica e contadina del tempo, è vista con sospetto dai ragazzini del villaggio, Una storia molto bella (che avrebbe meritato un film a parte) ma che ci “azzecca” poco con il resto della trama, dà l’impressione di essere stata incollata ad arte, facendo perdere al film la genuinità necessaria.

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