Caratterizzato da un limpidissimo bianco e nero, da una regia asciutta e soave e da un’atmosfera lenta e minacciosa, tipica del noir anni quaranta, “L’uomo che non c’era è forse la prova più convincente, matura e sensibile (Il Grande Lebowski è a parte) di Joel ed Ethan Coen, i due geniali fratelli alfieri di un certo cinema americano indipendente, che sfiora solamente le massicce produzioni di Hollywood, superandole però sia nei contenuti che nella qualità. Il film ha una storia semplice come molto, troppo, spesso accade nei film dei Coen, anzi sarebbe più corretto definirla una “non storia”, attravero cui ogni cosa accade per puro caso, la fatalità degli eventi diviene giudice ed arbitro implacabile delle vite e dei destini dei protagonisti, i quali non possono far altro che accettare il cammino di essi. Ed Crane, barbiere sui quaranta, sposato con Doris, lavora nella bottega del fratello di lei, passando le giornate fumando e tagliando i capelli. Imperturbabvile alla vita, passivo e paraticamente muto, Ed aspetta, vivendo ai margini della società, votato all’isolamento interiore ed esteriore, grande osservatore e sognatore, ma mai giudice. Crane coglie al volo un’occasione che sembra irrinunciabile, affidando ad un ambiguo uomo d’affari, il quale cerca un socio per una società di lavanderie a secco, una certa somma di denaro che il nostro ricaverà da un ricatto destinato a Bid Dave, amico di famiglia, nonchè amante di sua moglie Doris. Tutto è compiuto, questa mossa metterà in moto un susseguirsi tragico di eventi che distruggerà ogni cosa. Dimostrando una notevole abilità registica i Coen bros. imbastiscono uno spaccato della tranquilla, ma ipocrita, vita di provincia americana degli anni 50, una società fatta di villette a schiera e barbecue nel giardino, una placida facciata che cela segreti ed orrori di persone normali, ambigue, ambiziose ed estremamente vulnerabili. Ed, silenzioso ed annoiato, si rende conto di aver bisogno di uno scopo per poter continuare ad essere uomo, una svolta per la vita, uno slancio che però sarà fatale, come se la sua entrata in scena, da insignificante comparsa ad attore di punta, fosse inaccettabile o addirittura non programmata. L’effetto domino toccherà tutti, tanto che il barbiere troverà, per breve tempo, uno scopo nelle capacità pianistiche di una audace ragazzina.
Amaro e crudele “L’uomo che non c’era” è un film bellissimo, grande nella sua “piccolezza”, terrificante nel mostrare, debolezze, vizi e le scarse virtù di un’umanità infelice, sognatrice ma incapace di concretizzare, nel quale attori e regia viaggiano a bracetto nelle loro ottime prove.
Ottime e sentite interpretazioni di Billy Bob Thornton, Frances McDormand e del compianto James Gandolfini. Un film imancabile, da vedere.
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