No future / 4 Febbraio 2021 in L'ultima ora

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

(Riflessioni disordinate)

L’ultima ora è un film dalla messinscena relativamente semplice, di impianto quasi sociologico, che, però, nasconde nella trama del suo tessuto narrativo gli ingredienti della fantascienza e della più oscura distopia.

Il finale del film rivela finalmente la natura del comportamento inquietante del gruppo di ragazzi protagonisti. Contrariamente a quanto sembra in apparenza fino a pochi minuti dal termine del film, nella scena conclusiva si scopre che, nei loro comportamenti, non c’è nulla di fanatico, autolesionista o di pericoloso per terzi. I 6 iperdotati adolescenti, ormai completamente alienati dai sentimenti (paradossalmente, perché troppo sensibili, in un mondo ormai sull’orlo del collasso ambientale e sociale), hanno cercato inutilmente una via di fuga da un futuro, forzosamente condiviso con coetanei e adulti ciechi e sordi all’evidente implosione del pianeta, segnato senza scampo dalla morte.

Benché, nel film, il legame non sia esplicitato, i giovani protagonisti de L’ultima ora sono strettamente imparentati al movimento Fridays For Future e all’impegno civile di Greta Thunberg. Ma, a differenza dei loro corrispettivi reali, sembrano aver perso in maniera sconsolata ogni speranza. Non sono neppure arrabbiati: hanno preso atto dell’ineluttabilità degli eventi.

L’ossessione che il docente supplente (Laurent Lafitte) sviluppa nei confronti dei propri studenti sottende una lenta, eppur non del tutto consapevole, presa di coscienza dell’uomo. Infine, il velo di Maya cade dai suoi occhi e, finalmente, i suoi timori più reconditi, quelli più inconfessabili, entrano in piena sintonia con il terrore provato dai suoi ragazzi.

Allevamenti animali intensivi, odio razziale, sfruttamento incontrollato della manodopera sottopagata e delle risorse naturali sono solo alcuni dei temi di attualità che attanagliano i ragazzi del film. Con un forte senso di realismo e fatalismo, sono consapevoli che l’umanità si è spinta inevitabilmente “troppo in là”, per confidare nella salvezza delle generazioni a venire.
Nelle ultime sequenze del film, l’evidente incompatibilità delle torri della centrale nucleare con l’idilliaco parco urbano diventa improvvisamente evidente (nella sua ovvietà) e rivela appieno quanto incongruente fosse la presenza dell’impianto in quel luogo (o, viceversa, del parco nei pressi della centrale in funzione).

Nel film di Sébastien Marnier, presentato in concorso a Venezia 2018, ricorre spesso e in maniera significativa la canzone Free Money di Patti Smith (in una versione arrangiata dal gruppo musicale francese Zombie Zombie).
Ma io, durante il film, ho pensato solo a un altro brano:
Don’t be told what you want,
Don’t be told what you need:
There’s no future
No future
No future for you

“God Save The Queen” – Sex Pistols

Leggi tutto