23 Maggio 2015 in L'oro di Napoli

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In un momento artisticamente favorevole per molte delle personalità coinvolte (Mangano, Loren, De Sica), si colloca questo notorio titolo della commedia all’italiana. La partizione in episodi ne esalta la discontinuità, cui tenua resistenza oppone la comune ambientazione napoletana. Fastidiosamente macchiettistici i primi due episodi, in cui Totò e Sophia Loren portano in scena con piacevole mestiere ma poca anima i loro personaggi per antonomasia, lo sfortunato alla ricerca di riscatto e la procace napoletana giocosa. Il breve ma graffiante episodio del funerale, con la contraddittoria esperienza individuale – di madre – e sociale – della comunità – di un funerale di un bambino, segna il passaggio alla seconda metà del film, in cui dominano i toni drammatici. Solo accennati nello splendido ma malinconico episodio di De Sica, dominanti nella vicenda della Mangano, cui probabilmente va lo spezzone più riuscito.
Complessivamente, un film estremamente piacevole per la “naturalezza” del fluire artistico di regia, sceneggiatura e interpretazioni; come spesso succede per molte pellicole storiche o archetipiche del nostro cinema, se ne sono dimenticate le imperfezioni, che rimangono evidenti.

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