Le macerie di un Paese / 14 Maggio 2018 in Loro 2

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

In quella che, in fase di distribuzione cinematografica, dobbiamo definire la seconda parte del biopic berlusconiano di Sorrentino, il film si concentra pressoché esclusivamente su Silvio Berlusconi, mentre i protagonisti della prima frazione della storia si eclissano, letteralmente, fagocitati giocoforza da questa figura ingombrante (rappresentata addirittura in forma trina grazie alla presenza di un doppio di Berlusconi, veneto, biondo e con gli occhi azzurri, e da un alter ego dall’accento campano) e dal suo emblematico rapporto con la moglie Veronica.

La relazione fra Berlusconi e Veronica Lario sembra la chiave di volta psicanalitica della definizione del protagonista.
Innamorato del ricordo di un amore (rappresentato dalla stessa Veronica, ormai cinquantenne, che, a sua volta, è combattuta per il sentimento duale che prova nei confronti del discutibile consorte), nei suoi pellegrinaggi erotici (in cui mai consuma, peraltro, in cui sembra comportarsi più come un eunuco che come un satiro predatore), Berlusconi sembra costantemente alla ricerca di un simulacro della moglie ventiquattrenne: è un atteggiamento ingiusto nei confronti della donna, comunque umiliata perché consapevole di aver perso l’appeal fisico cercato insistentemente dal marito, è ingiusto nei confronti di un Paese che deve fare i conti con l’insoddisfazione sentimentale, emotiva e fisica di un uomo che pretende di coltivare il proprio ego, le proprie fantasie sentimentali ed erotiche e il senso del potere personale a suon di legislature.

Credo che con questo film, inteso nel suo complesso (cioè, 1+2), Sorrentino abbia concepito il proprio racconto definitivo sul Paese.
A dispetto del fatto che narri vicende private (con incursioni e inevitabili crediti sul contesto pubblico), Loro è il punto d’arrivo di una storia nazionale, iniziata con L’uomo in più (quando, ancora, forse, il “disegno” complessivo, se mai è esistito, sia beninteso, non era ancora definito), proseguita con Il divo e La grande bellezza, e giunto a conclusione (ipotizzo, quindi) con Loro.
Dopo quelle di Andreotti e Berlusconi, forse, non esiste altra figura utile e interessante da sviscerare, per raccontare l’Italia attuale, un’Italia in macerie (non è un caso che Sorrentino ricorra a quelle de L’Aquila e che, sensatamente, non si spinga oltre il 2010, evitando di insistere su argomenti come lo scandalo delle Olgettine e Ruby Rubacuori, ormai sterili nell’economia dell’esposizione).
Sorrentino potrà affidarsi ad altri personaggi fittizi, come Jep Gambardella o Tony Pisapia, ma credo che, a fronte di un baraccone di volti e maschere assortito, l’Italia abbia esaurito (per ora) i soggetti reali davvero emblematici da sottoporre all’autore per tentare di interpretarne le attuali e apparentemente insormontabili contraddizioni.

Mi pare che dalle schermaglie del personaggio di Servillo con la Lario/Elena Sofia Ricci (a tratti, molto -forse, troppo- didascalica) sia emerso bene il bel lavoro di scrittura del personaggio di Berlusconi. Nell’ambito dell’estrema correttezza delle argomentazioni della Lario, nelle sue continue accuse al marito, è il personaggio Berlusconi a vincere, a permettere che nello spettatore si sviluppi (ahimé!) l'”effetto Walter White”, quello in base a cui, anche se per una frazione di secondo, si parteggia per il “cattivo”.
Nel complesso, il personaggio della Lario della Ricci sembra un’ottima via di mezzo fra la Elide Catenacci di C’eravamo tanto amati di Scola e la moglie di Tony Soprano nella serie tv HBO, paradiga delle consorti conniventi in ambito criminale. Ancora un chiaro esempio, insomma, della capacità di Sorrentino (e del co-sceneggiatore, Contarello) di mischiare riferimenti, registri, anche dal punto di vista dei medium.

Nella sua interezza, Loro mi è piaciuto decisamente. Oltre a reiterare determinate scelte estetiche e formali consolidate nel tempo, Sorrentino non ha fatto nessun particolare salto qualitativo, dal punto di vista narrativo e tecnico, ma la sua cifra, pienamente riconoscibile, mi è parsa in qualche maniera rassicurante e, perciò, molto convincente.
Ha saputo dirigere attori che, con mio stupore, si sono mostrati in questa occasione particolarmente predisposti ad assecondare la sua vena grottesca. Penso soprattutto alla Smutniak, a Scamarcio e a Bentivoglio, ma trovo che tutto il cast abbia offerto una buona prova.

[La mia recensione a Loro 1: https://www.nientepopcorn.it/film/loro/recensioni/sorrentino-e-la-farsa/]

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