Recensione su Lo Zoo di Venere

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13 Novembre 2013

“Lo Zoo di Venere”
A Zed & Two Noughts-una zeta e due zeri-

Nella seconda metà degli anni ’80, nello zoo di Rotterdam, Peter Greenaway (pittore prima e regista poi) dirige una pellicola con la P maiuscola al limite fra grottesco ed estetismo. Un film disturbante ed allo stesso tempo magnifico, curato nei minimi dettagli attento al particolare.

La sua è una ricerca alla perfezione, questo è un dipinto in celluloide. Ogni scena è perfetta, è in equilibrio, è simmetrica e d’impatto come d’impatto è il tema che lega il tutto. La trama, aspetto prettamente secondario, ruota attorno alla vita di Oswald ed Oliver fratelli etologi segnati della perdita delle rispettive mogli. Un bruttissimo scherzo del destino le vede vittima di un incidente stradale. Oltre a condividere la tragedia, condividono la stessa passione/ossessione. Sono infatti degli attenti osservatori della putrefazione animale e lo spettatore viene coinvolto in questo delirante hobby (e stile di vita) attraverso una carrellata di immagini sgradevoli abbinate a una colonna sonora meravigliosamente armoniosa.
Accanto alla morte, Thanatos, vi è vita e amore, Eros, condividono la stessa donna vittima anch’essa dell’incidente tanto da rimanere con una sola gamba. La trama può risultare banale ma posso garantirvi che il film parla da solo, non ne ha bisogno. Lo spettatore viene buttato in un film che scuote, inquieta, turba restando puro, non volgare, non pornografico.

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