25 Recensioni su

Lo chiamavano Jeeg Robot

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Sorpresa da premiare / 26 Luglio 2021 in Lo chiamavano Jeeg Robot

in un panorama italiano disastroso e disastrato dai soliti clichè cinematografici ecco spuntare questo Jeeg che mette dentro una grande prova di cinema creativo e coraggioso. Perchè oggi lo lodiamo, ma prima della sua uscita non credo qualcuno avesse scommesso su una specie di supereroe romano che fa a botte sotto la curva sud dello stadio Olimpico. Regia e Cast da lode, un film che si rivede con piacere. Bravi

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Mmmh / 16 Gennaio 2020 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Il film è carino, anzi… Piuttosto bellino. Il personaggio dello Zingaro è notevole. Tuttavia trovo che l’eccessivo entusiasmo che ruota attorno a questo film sia abbastanza esplicativo del livello piuttosto basso del cinema italiano. Nel senso… Forse è stato recepito come un film chissà quanto bello solo perché nel panorama italiano, abbastanza desolante, spicca. Non per altro. Per carità, buon film.

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Un Film con la F maiuscola. / 24 Aprile 2017 in Lo chiamavano Jeeg Robot

“Con un titolo così, che vuoi che sia? L’ennesima ca**ata all’italiana”, questo ho pensato quando è uscito al cinema storcendo il mio nasino da snob. Poi ho cominciato a leggere recensioni su recensioni, una più positiva dell’altra che descrivevano questo film come una rivelazione, una vera speranza di rinascita per il cinema italiano. Ieri sera finalmente l’ho visto anch’io e… mi sono morsa le mani per non essere andata a vederlo al cinema.
Lo chiamavano Jeeg Robot è un Film con la F maiuscola, punto. Un film vero, brutale, struggente. I tre attori principali mi sono entrati nel cuore, soprattutto Ilenia Pastorelli, che ha saputo dare vita a un personaggio incredibile, intenso, tenero e commovente. Sì, anche in Italia siamo capaci di produrre cose diverse dalle solite commedie sboccate e dai soliti telefilm su religiosi o delinquenti. Basta crederci, basta non fermarsi qui.

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Supereroe romanesco / 27 Marzo 2017 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Anche gli Italiani possono fare un film sui Supereroi; dopo “Il ragazzo invisibile”, più incentrato su un adolescente, questo bel film diretto da Gabriele Mainetti.
Inizio subito frenetico e interessante con un ladruncolo, Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), inseguito dalla polizia. Per scappare, si getta nelle acque del Tevere dove però ci sono alcuni bidoni tossici che lo cambieranno.
Infatti dopo una nottata passata con la febbre, Enzo si reca con Sergio, uno dei membri della banda de Lo Zingaro (Luca Marinelli) che imperversa in città, a recuperare la cocaina che due extracomunitari portano in corpo. Ma l’azione finisce male, Sergio viene ucciso ed Enzo
si scopre dotato di una forza sovraumana. Inizialmente la userà per i suoi scopi criminali senza però darsi al lusso sfrenato ma acquistando le solite cose che fanno parte della sua vita (budini, dvd porno).
Enzo è introverso, pensa solo ai fatti suoi, è forse uno delle persone meno adatte per avere grandi poteri (perchè da questi derivano grandi responsabilità); sarà l’incontro con Alessia (Ilenia Pastorelli), la figlia un pò problematica di Sergio, appassionata di Jeeg Robot che a volte fatica a distinguere il mondo reale dal suo un mondo di fantasia.
Intanto lo Zingaro cerca di scoprire che fine ha fatto Sergio e la sua partita di droga.
Film italiano che mischia sapientemente elementi fantastici con la realtà romana (sulla scia di Romanzo Criminale) con bande che si dividono il territorio. Piccolo difetto, la parlata romanesca che soprattutto all’inizio rende difficoltoso seguire i dialoghi. Di questi tempi, abbiamo bisogno di un eroe e la figura particolare di Enzo ne riassume pregi e difetti.

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Intenso e geniale / 9 Gennaio 2017 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Non e’ il mio genere. E la prima parte in romanesco stretto con i sottotitoli mi ha spaventato.
Ma c’e’ stato un crescendo, e quando e’ finito mi ero commosso, e avevo voglia di riguardarlo di nuovo.
Gli attori fantastici, dai buoni ai cattivi, la trama fantastica e geniale. Il regista e lo sceneggiatore sono riusciti a mettere il supereroe, i cattivi dei supereroi in un modo tanto reale e tanto lontano dai fumetti americani da aver l’impressione di uscire di casa ed incontrarli davvero.
Modestamente, forse solo degli italiani potevano fare una impresa del genere.

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bello / 18 Dicembre 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

ho visto un’anteprima, deve essere avvolgente

Qualcosa di italiano che merita davvero…. 7,5 / 29 Settembre 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Nonostante il “casareccio” si veda, è bello constatatre che il cinema italiano riesca a sfornare qualcosa di decente, proprio bello, direi.
Un film insolito, macchiato di italia, di dialetto, di periferia romana, ma pur mescolando una sorta di action, un pizzico di supereroe che da la sprinta al film, anche se goffo, impaurito, egoista.
Una pellicola da non perdersi. Non mi avrà entusiasmato moltissimo ma lo riconosco come un ottimo lavoro e con qualche recitazione degna davvero di nota. Otiima anche la regia.
Un bel 7.5.

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Er potere ner Tevere / 29 Settembre 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Potremmo quasi definirlo il picco più alto della new wave italiana, un film coraggioso perchè profondamente di genere, con una romanizzazione (forse necessaria!) del supereroismo che non è una banalissima parodia. Qui c’è il pulp alla Tarantino con citazioni più o meno esplicite (la fuga in motel del duro e della bella svampita con un borsone di soldi, ma come non pensare a Bruce Willis e Maria de Medeiros), c’è il cartoon giapponese, c’è un bel pizzico d’exploitation. C’è un cast davvero indovinato – Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorello in primis – c’è ritmo e spettacolo. Ma che volemo deppiù?

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La Cosa de noantri / 9 Settembre 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Identificarlo come commedia è molto riduttivo, è un film che fa anche sorridere, ma per molti aspetti drammatico. Il dramma di qualcuno (Enzo) che da un momento all’altro si ritrova con una forza incredibile, ma non sa come gestire questa nuova condizione. E’ solo attraverso l’ingenuità di Alessia (per altro il personaggio che più mi ha colpito) e la malvagità di Fabio che riesce a trovare la sua strada.
Il film è pieno di sentimenti contrastanti e i personaggi sono ben caratterizzati, a mio parere il “romanesco” lo rende credibile, non riesco ad immaginarlo in perfetto italiano!
Gli attori protagonisti sono bravissimi e rendono i personaggi unici.
Finalmente un bel film italiano.
Da vedere assolutamente.

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Il cinema italiano non è morto / 13 Agosto 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Durante la visione di questo film mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, non solo ai meravigliosi tempi di quando passavo i pomeriggi a guardare uno dei miei robottoni preferiti, ma soprattutto al periodo d’oro del cinema italiano, quando con pochi mezzi si realizzavano dei gioielli come in questo caso.
Al suo debutto sul grande schermo Mainetti dimostra di possedere oltre al talento anche tantissima passione girando un film con un budget limitatissimo ma che emoziona e commuove moltissimo con la sua ironia, il suo dramma, le sue tantissime citazioni e un pizzico di superpoteri.
Dal punto di vista tecnico la pellicola è curata fin nel minimo dettaglio, dalla regia alle ambientazioni, senza dimenticare gli attori che recitano tutti ottimamente, anche l’eterno imbambolato Claudio Santamaria.
Dal punto di vista narrativo invece Mainetti crea una storia avvincente, utilizzando la figura del robottone Jeeg per raccontare la vita di un ladruncolo della borgata romana alienato dal mondo intero che solo grazie all’amore per una ragazza dal passato e presente sofferto riuscirà a redimersi.
Ovviamente non mancano i difetti, ma il giovane regista ha saputo confezionare una storia che colpisce nel profondo.
Finalmente una ventata di freschezza per il cinema italiano. Ancora ci siamo anche noi.

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Un pugno nello stomaco! / 12 Luglio 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Un film sul degrado e la solitudine dei giovani nella periferia romana.
A uno di loro verranno dati poteri sovraumani che solo alla fine capirà come usare.

In fondo il bene o il male sono solo una scelta.
Bravissimi Claudio Santamaria ma soprattutto Luca Marinelli.

Era già stato detto tutto / 26 Giugno 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

“A scorrere le locandine dei film che hanno riportato il maggior numero di David negli ultimi sette anni c’è una dominante che colpisce: le mani armate. Di pistole, kalashnikov, manganelli, intrighi. Non ci sono mezze tinte, non ci sono sfumature, ai David trionfa l’Italia delle anime nere. Sette premi a Il Divo, sette a Gomorra, quattro a Diaz e nove al film di Francesco Muzi che quelle Anime Nere le ha addirittura sublimate in una storia senza tempo.
A questi quattro titoli si aggiungono i due trionfatori ai David 2014: La Grande Bellezza e Il Capitale Umano, due film che vincono scommettendo sulla rovina di questo paese, per usare la battuta con cui si chiude il film di Paolo Virzì. Che sia brindando nei giardini della Brianza o ballando sulle terrazze sopra al Colosseo, quello che i due film mostrano è un’aristocratica assuefazione all’immagine tenebrosa del nostro paese, che poi sta tutta negli occhi annoiati con cui Jep Gambardella guarda il mondo dagli argini del Tevere.
Ebbene, su quegli stessi argini nel 2016 fa la sua apparizione un nuovo personaggio che non ha niente di aristocratico; perché lui, in quei liquami di cui altri discettano un po’ annoiati, ci si butta dentro, perché ha capito che se vuoi smetterla di essere un’anima nera devi metterci un po’ di fantasia.

È questa la vera novità di Lo Chiamavano Jeeg Robot, il film che ai David 2016 ottiene 16 candidature, una storia che sembra figlia dei supereroi tristi di Unbreakable di M. Night Shyamalan. Il supereroe che compie questa impresa con solo un milione e settecento mila euro di budget si chiama Gabriele Mainetti, è al suo esordio nel lungometraggio dopo una gavetta di attore in quelle fiction che tutti vedono senza mai ammetterlo, insomma uno che viene dal basso.
È grazie a lui se nel 2016 il nostro cinema può sperare di diventare altro, è grazie a lui se il cinema italiano, forse, può diventare un Jeeg.”

Questa la presentazione di Lo Chiamavano Jeeg Robot data dal giornalista Francesco Castelnuovo, durante uno speciale di Sky dedicato ai David di Donatello 2016.
Era mesi che volevo dire la mia su quest’opera, ma dopo aver sentito le sue parole ho capito che era già stato detto tutto.
Aggiungo solo una cosa: Amen.

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IL CINEMA ITALIANO CHE VORREMMO / 23 Giugno 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Piace senza far niente per rendersi bello agli occhi dello spettatore, un film super italiano che cerca in tutti i modi di stare il più lontano possibile dalle super pellicole americano, ne esce una perla pazzesca. Attori di un livello altissimo, tutti allo stesso piano garantendo in modo omogeneo l’interesse durante lo spettacolo, tempo che vola senza rendersene conto. La trama ha tutto, difficoltà sociali del nostro paese, voglia di fama, amore, problematiche psicologiche, organizzazioni criminali e terrorismo. Molto bello, non so se sperare in un sequel o che venga lasciato così eterno

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Senza pietà. / 26 Aprile 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

In Italia si possono fare film sui “supereroi”.
Non quelli convenzionali, non quelli “fighi” come a Hollywood, non quelli col budget multimilionario che per far cadere una palazzina prima ce la compriamo, poi la bombardiamo, poi la rifacciamo al computer che tanto viene comunque meglio.
Questo film ha tra i suoi pregi quello più grande di sapere benissimo di essere un film italiano e di trarre da questo la sua forza. La storia si svolge a Roma, e i protagonisti sono persone dotate di spiccata personalità (soprattutto i cattivi) che sanno bene dove si trovano e chi sono.
La realtà che li circonda è quella del loro quartiere, della borgata romana, non c’è il mondo intero da salvare, non c’è una minaccia incomprensibile che giunge da chissà dove: c’è Roma e c’è la sua vita, e i protagonisti ci si muovono dentro dominandola.
Tenendo presente questo va capito che chi si aspetta un film supereroistico nel vero senso del termine resterà deluso, poiché questo Jeeg è un film con un super-umano, ma si discosta fin troppo dall’idea che ci siamo fatti nel tempo di cosa questo genere debba rappresentare…e per fortuna!
Ci sono le piccolezze che possono far storcere il naso, come il fatto che il film trasudi comunque la sua italianità da tutte le parti; decidendo per una recitazione in romanesco si è fatta della debolezza una forza e per tutti quegli accorgimenti che ci sembreranno comunque fin troppo italici, bisogna vedere comunque come quest’opera sia tanto di diverso rispetto a quanto siamo abituati, purtroppo, a vedere.
Le scene con contrappunto musicale sono le parti migliori dell’intero film, e la scelta di canzoni della cultura nostrana avvicina l’opera allo spettatore, sia che a questo piaccia il genere musicale proposto sia che non sappia nulla riguardo a quelle musiche. Il fatto che poi siano giustificate diegeticamente ogni volta è gasante abbestia.
Cattivo con le palle e con carisma che potrebbe reggere da solo tutto il film; Ilenia qualcosa che, uscita dal GF di diversi anni fa non gli dai un euro e invece ti tira fuori una performance da paura…che dire di più?
Niente.

Consigliato a: Chi è stanco del solito cinema italiano e vuole prendersi una bella boccata d’aria fresca.

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UN EMOZIONE DA POCO…NO DA MOLTO! / 25 Aprile 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

E FINALMENTE HO VISTO AL CINEMA LA PERLA DI CUI TUTTI PARLAVANO. QUELLO CHE HA VINTO 7 DAVID DI DONATELLO INSIEME AL RACCONTO DEI RACCONTI DELL’ORMAI GIA’CONSACRATO MATTEO GARRONE. 7 DAVID SONO TANTI. PER UN REGISTA COME GARRONE CHE HA GIA’CONOSCIUTO A FONDO IL GRANDE MONDO DELLA SETTIMA ARTE VINCENDO PREMI ANCHE AL FESTIVAL DI CANNES,IL MIGLIOR FESTIVAL DEL MONDO, PER L’ACCLAMATO “GOMORRA” , E’STATO TUTTO NORMALE- SICURAMENTE EMOZIONANTE- MA MAI QUANTO PER GABRIELE MAINETTI. UN RAGAZZOCCIO ROMANO CHE AMA IL CINEMA,TARANTINO,IL GIAPPONE E I CARTONI ANIMATI DI UNA VOLTA. TUTTO RACCHIUSO IN UN FILM. TUTTO IL SUO AMORE PER IL CINEMA RACCOLTO IN QUESTA MAGNIFICA PELLICOLA (GIRATA IN DIGITALE). LO CHIAMAVANO JEEG ROBOT: UN MIX TRA WESTERN , IL GIA’CITATO TARANTINO E MANGA GIAPPONESI. QUESTO E’ IL FILM PLURIPREMIATO AI DAVID : UNA DICHIARAZIONE D’AMORE PER IL VERO CINEMA.

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un supereroe alla romana / 9 Aprile 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

“lo chiamavano Jeeg Robot” non è solo un film,ma è il manifesto che l’italia può fare di più,può fare meglio.
Come nella trama,questo film è un eroe pronto a salvare il cinema italiano, o meglio, a risvegliarlo..
Un film che riempie di speranze,che motiva e che merita un attenzione più internazionale, soprattutto di questi tempi che di film-mondezza sui supereoi ne escono a vagonate e tutti effimeri e provvisti dello stesso superficiale umorismo al contrario di Jeeg Robot che conquista con la sua spontaneità. Grazie di cuore con un grande applauso a tutte le persone che si sono cimentate a far un vero e proprio, nuovo e moderno cult del cinema italiano.

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Ottimo film / 25 Marzo 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Mi accodo a quanto detto sotto, Lo Chiamavano Jeeg Robot non ha deluso le aspettative. Decisamente un bel film, con un’ottima atmosfera, personaggi perfettamente inseriti, realizzato molto bene anche dal punto di vista tecnico. Molto bravi gli attori, in particolar modo lo “Zingaro” vi resterà particolarmente impresso, poco ma sicuro! Decisamente una bella ventata d’aria fresca per il cinema italiano, che ultimamente osa qualcosa in più con risultati decisamente positivi come in questo caso. Avanti così.

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“S’o vedemo?” / 13 Marzo 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Più o meno le recensioni degli altri utenti mi trovano d’accordo, per cui inutile aggiungere ripetizioni a quanto già detto.
In alcuni momenti ho “palpato” una malinconia e disillusione di fondo.
Questo mi aspettavo e questo ho visto.
Santamaria e Lucarelli strepitosi, IMHO.
e si, lo ammetto, più di una volta mi è venuto il magone.
sicché, bravi, ne consiglio la visione.

p.s. il personaggio che ho “abbracciato” da subito? Alessia.
Lei e il suo costume da principessa.

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Il batman nostrano – l’antieroe eroe / 7 Marzo 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Comincia tutto per gioco, sai già che stai andando a vedere un film caruccio, italiano.
Scopri i personaggi, ti son familiari sebbene non conosci l’ambiente e nemmeno ti piace, ma poi la svolta, cio’ che non accade e che non ti aspetti si evolve in una bellissima storia con personaggi veri, tangibili, nostri.
Un “supereroe” non supereroe, facciamo i patriocciti e buttiamo un puntino in piu’, forse per la speranza, forse perchè lo merita davvero a questo punto.
Mi è successo cio’ che raramente succede, dopo il film, in sala non volevo andarmene, son rimasto deluso dall’idea che fosse finito e che me ne dovessi uscire e tornare alla realtà della tarda notte per abbandonare Roma, con Jeeg.

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. / 6 Marzo 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Che bella sorpresa, tutta italiana e godibile fino all’ultimo minuto. Lo chiamavano Jeeg Robot è la versione nostrana dei film sui supereroi, non inventa nulla, le origini del personaggio seguono le tappe classiche ma la sua originalità sta nel calare tutto nella realtà italiana, romana, ed è per questo che spicca così tanto, e bene. Divertente e coinvolgente, si dilunga un po’ solo verso la fine, ma conclude in maniera brillante il percorso del personaggio, per niente affascinante di per sè, ma interpretato molto bene da Claudio Santamaria. Bravi anche tutti gli altri, il villain di Luca Marinelli è splendido e la svampita co-protagonista è tenerissima e simpatica. Ci sono un paio di scene molto molto riuscite e dalle battute fulminanti e in generale il film vive di una sceneggiatura ricca e davvero efficace. Bella prova di tutti.

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Semo (super)eroi de borgata… / 27 Febbraio 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Eccoci qui ed ecco un film che meriterebbe davvero il favore del pubblico. Senza pensarci su due volte.

“Lo Chiamavano Jeeg Robot” è un’ opera che si staglia dal restante cinema italiano per grazia di intenti e indisciplina produttiva, una storia come non se ne vedevano da tempo nel nostro paese, se si esclude il poco riuscito “Il Ragazzo Invisibile” di Salvatores, un film che si insinua con grinta verace fra le macerie del nostro cinema di genere scomparso, ingoiato e inglobato dalla televisione. Gabriele Mainetti debutta nel lungometraggio così, con questo piccolo asteroide cinematografico, destinato a sconquassare un po’ l’establishment, se di establishment si può ancora parlare, a far parlare di se e, di conseguenza, ad essere amato o odiato. Il regista capitolino dimostra un grande talento artistico e un’innata gioia nel saper mettere in scena questa vicenda nostrana che affonda le proprie radici nella borgata romana, sospesa fra la micro criminalità di quartiere e la genuina ingenuità di una classe sociale da sempre ai margini.

Claudio Santamaria nei panni del furfantello Enzo Ceccotti, ladruncolo misantropo che si nutre esclusivamente di budini alla crema, guarda solo film porno e campa di espedienti, diviene un invulnerabile super uomo dopo essersi tuffato nel Tevere ed essere entrato in contatto con una sostanza radioattiva fuoriuscita da alcuni barili. La sua vita, successivamente, muta quanto la sua struttura molecolare e preso coscienza di questa nuova forza inizia ad utilizzarla in maniera del tutto edonistica. Scassina bancomat, rapina furgoni portavalori, insomma, l’antitesi dell’eroe, perché in effetti Enzo ‘Jeeg Robot’ Ceccotti non è un eroe nell’accezione più comune del termine, ma è invece un povero comune disgraziato che vive nell’ombra, quasi un antieroe pasoliniano, un ragazzo di vita al quale viene donato un potere, mai cercato, ma che deve imparare ad utilizzare con i pochi mezzi (intellettuali) che ha a disposizione, quelli più genuini, quasi fanciulleschi.

Poi c’è Luca Marinelli nella gigantesca, forsennata, selvaggia interpretazione de ‘Lo Zingaro’, altro criminale romano completamente pazzoide e violento, il quale vive nel più totale culto di se stesso e di una fama sempre e solo sfiorata; si esibisce e canta come Anna Oxa o la Bertè e spacca teste e ammazza con la medesima naturalezza selvaggia che contraddistingue il suo ego votato al puro spettacolo. Un criminale di periferia che vorrebbe essere grande, ma ancora non riesce nell’intento, -ner botto- come lo chiama lui, e vive ai margini della stessa mala, alienato e sconnesso dalla realtà. Lo Zingaro è forse il personaggio più attraente e sfaccettato dell’intero film, un villain dall’umanità vulnerabile e assai sopita, un prodotto esemplare, demoniaco della Tv spazzatura odierna. Anzi, definiamolo pure una vittima di essa.

E infine c’è Ilenia Pastorelli, esordiente che interpreta la stralunata e fragile Alessia, ragazzotta orfana di madre e di padre, anch’essa al di là del bene e del male, cultrice assoluta della saga di Jeeg Robot, del quale guarda a ripetizione il dvd. Una figura innocente, pura e semplice che grazie alla sua purezza diverrà la chiave di volta che farà prendere coscienza all’eroe delle sue doti non comuni, riuscendo perfino ad umanizzarlo.

Tre personaggi forti, umani e ben caratterizzati che rendono credibile una storia dalla sceneggiatura potente e sempre ben bilanciata, nonostante una costante imperfezione alberghi in più di qualche scena, imperfezione che però contribuisce a deplastificare un genere e al tempo stesso a rigenerarlo e ad allontanarlo dai cinecomics d’oltreoceano , dipendenti dalla CG e da storielle sempre più malamente trasposte sul grande schermo.

“Lo Chiamavano Jeeg Robot” è infatti un film di cui andare fieri, un’opera prima colma di gusto, citazioni sfiziose e cultura pop –Lo Zingaro che si esibisce in una coloratissima interpretazione di” Un’emozione da poco” di Anna Oxa farà epoca e tendenza- oltre che ovviamente i continui e divertiti rimandi all’originale manga giapponese.

Ottime la fotografia curata e satura di colori esplosivi, pop per l’appunto, la colonna sonora, trainata da una reinterpretazione lenta e intimista della classica sigla tratta dal vecchio cartone e cantata dallo stesso Claudio Santamaria, e popolata di altri pezzi pop italiani, tutti inseriti al punto giusto e quasi sempre in concomitanza con un’apparizione del Marinelli/Zingaro, fino ad arrivare alla regia di Mainetti, perennemente focalizzata al puro intrattenimento, un Mainetti che non si prende mai sul serio pur credendo fermamente in ciò che sta facendo. Si diverte e vuole divertire ma lo fa con un rigore armonioso che avvolge chiunque, anche nelle scene più violente, verso le quali non si tira mai indietro.

Insomma, “Lo Chiamavano Jeeg Robot” è un film bello, riuscito proprio perché mai perfetto, è sporco a tratti grezzo, eppure sa cosa vuole raccontare con il coraggio un po’ guascone un pò incosciente di riprendere un discorso da troppo tempo orfano del nostro cinema di genere. Ed è anche per questo che il nostro Jeeg, volente o nolente, si trasforma in un (super)eroe. Si, proprio ‘n (super)eroe de borgata…

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SUPEREROE A ROMA!!! / 26 Febbraio 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Enzo Cecconi, piccolo criminale romano, casualmente viene a contatto con una sostanza radioattiva che lo renderà incredibilmente forte.
Il classico Supereroe alla XMAN… Ed invece no!
Enzo era un ladro e continuerà a pensarla in questo modo. Ovviamente qualche cosa cambierà nel suo modo di vedere la vita (inevitabile); non ci si può aspettare effetti speciali alla MARVEL ma il nostro primo Supereroe italiano è decisamente bello e divertente.
La location e la parlata romana sono delle perle.
Claudio Santamaria è molto bravo ma ancor più lo è il cattivissimo Luca Marinelli. Per non parlare di Ilenia Pastorelli che è anche molto bella.
MOLTO CONSIGLIATO!!!
Ad maiora!

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Impasto tarantiniano / 25 Febbraio 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Il film non delude le aspettative: l’impasto tarantiniano di umorismo e violenza è lievitato bene, e lo spettattore ride e sussulta a pochi fotogrammi di distanza. C’è qualche spazio di miglioramento: lo scontro conclusivo all’Olimpico è un po’ convenzionale, malgrado una o due trovate esilaranti e una suspense che comunque non manca. Il finale ha strappato l’applauso alla platea, con quel suo mescolare il momento epico all’ironia, e la citazione di genere all’ambientazione domestica.
Sugli attori: Santamaria è un po’ sprecato – il protagonista avrebbe dovuto decisamente essere un po’ più articolato. Luca Marinelli è uno splendido Zingaro, la vera anima del film, un Joker di borgata che ruba la scena a tutti gli altri; all’attore manca solo un filo appena di disinvoltura in più, il superamento definitivo della pur indispensabile esperienza teatrale, per la consacrazione definitiva. Le note dolenti arrivano con Ilenia Pastorelli, probabilmente non per colpa dell’attrice: il problema, mi sembra, è che è oggettivamente difficile rappresentare una follia che sfuma nella ingenuità, per cui non si sa bene dove comincia l’una e termina l’altra; il risultato è una grossa mancanza di credibilità.

Com’è noto, questo è il primo lungometraggio del regista Gabriele Mainetti, reduce sempre con lo sceneggiatore Guaglianone dallo sfiorato trionfo con il corto Tiger Boy, che aveva mancato di un pelo la nomination all’Oscar nella categoria. Non rimane che aspettare gli autori e il regista a una prova ancora maggiore, magari slegata dall’ambito strettamente romanesco. Non ci sono dubbi che ne siano capaci.

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Un coraggioso salto nel vuoto / 23 Febbraio 2016 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Fa piacere vedere nel primo lungometraggio di Gabriele Mainetti la riuscita di un evidente sforzo messo in atto per rinfrescare un versante consolidato della cinematografia italiana come il “romanzo criminale”: Lo chiamavano Jeeg Robot, infatti, è un felice connubio tra suggestioni cinefile e cultura popolare che spazia dal dramma sociale al film d’azione con buona soluzione di continuità e che spende bene anche le carte dell’ironia e del divertimento di derivazione fumettistica, trovando nei suoi attori protagonisti, Santamaria e Marinelli, maschere ed incarnazioni efficacissime.

Come i precedenti e noti cortometraggi di Mainetti, Basette (2008) e Tiger Boy (2012), anche questo lavoro attinge a piene mani da un contesto culturale estremamente familiare al regista (classe 1976) e al pubblico di coetanei (o giù di lì) a cui evidentemente si rivolge in prima battuta: basti pensare semplicemente al titolo del film, che, oltre alla creatura partorita dal mangaka Go Nagai e diventata un must dei bambini italiani cresciuti nei primi anni Ottanta, riprende classici del cinema d’intrattenimento nostrano con Bud Spencer e Terence Hill, come Lo chiamavano Bulldozer o Lo chiamavano Trinità.
La bravura di Mainetti, però, sta nel non essere inciampato nel mero amarcord: dosando adeguatamente i numerosi riferimenti ad un preciso segmento (anagrafico) della cultura pop (musica, cinema, fumetti, cartoni animati di circa trent’anni fa) e facendo in modo che essi, pur evidenti, non risultino l’unica chiave di lettura del film, la sceneggiatura si presta ad essere apprezzata da un pubblico decisamente variegato e non necessariamente avvezzo a tutti i numerosi riferimenti contenuti nella pellicola.

Lo chiamavano Jeeg Robot non è esente da difetti, non tanto a livello tecnico, invero dignitoso, quanto narrativi (le connessioni tra lo Zingaro, la ‘ndrangheta e gli attentati dinamitardi navigano a lungo tra il fumoso e il labile, mentre il finale “a singhiozzo” spezza un po’ il ritmo del racconto), eppure il risultato complessivo è decisamente godibile e apre interessanti scenari sulla capacità del cinema italiano di gestire con originalità temi e generi (es. il supereroismo, l’azione tout court, ecc.) solitamente evitati dalle produzioni nostrane.
Il film di Mainetti è (ardisco) un lavoro coraggioso, perché flette i muscoli e fa un vero e proprio salto nel vuoto (chi vuol cogliere, colga), offrendosi ad un pubblico, quello italiano, decisamente esigente dal punto di vista dell’intrattenimento “trasversale”, soprattutto se questo arriva dall’Italia stessa, e ritengo che il suo sia un tentativo da premiare.
In questo senso, il romanesco me fa piegà, però mi rendo conto che, a tratti, il suo uso reiterato (benché funzionale a creare lo straniamento dato dalla presenza di un supereroe “all’americana” in una borgata romana) potrebbe rappresentare un limite proprio in relazione alle esigenze di una platea che, spesso, si mostra infastidita dai localismi.

Nota: nella sequenza finale, compare la voce di Adriano Giannini. Benché non ne apprezzi le doti di doppiatore, l’iperbole è gustosa, perché, nella versione italiana de Il cavaliere oscuro di Nolan, lui ha doppiato il Joker, mentre Claudio Santamaria ha dato la propria voce a Batman. Giusto per dire quanto e come Mainetti, con i mezzi a propria disposizione, si sia divertito a pescare a piene mani da un universo a lui congeniale, riuscendo a confezionare davvero un buon film.

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un super eroe di borgata / 5 Novembre 2015 in Lo chiamavano Jeeg Robot

Una storia fumettistica, ma nel senso buono del termine. Il protagonista è più un balordo che un criminale e si ritrova dotato di una forza inumana che se prima usa per scopi personali in seguito la userà per scopi benefici (vittima del solito dilemma ” a grandi poteri corrispondono grandi responsabilità).
Ovviamente come sempre accade in queste storie è più interessante il cattivo, un Luca Marinelli esagerato e fumettistico tanto da essere divertente.
La forte connotazione romanesca è il punto debole del film, ma solo per un mio gusto personale, che non sopporta troppo questo accento quando portato all’estremo.

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