La gratitudine non è di questo mondo / 6 Luglio 2013 in Liverpool

“”Un giorno arriverà la notte”. Questo pensava Farrel. “Arriverà la notte e finalmente potrò riposare e smettere di fuggire. Adesso si tratta di passare la giornata, evitare il gelo, scaldarmi e mangiare bene. Dopo mi fermerò. Dopo. Prima darò una fugace occhiata a mia madre e mia figlia, che non ho neanche visto nascere. Per adesso dovrò sostenere uno sforzo dietro l’altro, una notte insonne dietro l’altra. Potrò riposare quando sarò morto”.
Che fosse fatto così, sempre in fuga da tutto e da se stesso, lo sapevo bene, ma che mi abbandonasse a metà del film non me lo aspettavo proprio. E dire che, per solleticare il suo narcisismo, avevo scritto più righe di dialogo del solito. Lo avevo seguito e filmato nella neve, nella tempesta, mentre mangiava in squallide bettole, mentre cadeva in sonni agitati nei posti più improbabili. Avevo fatto tanto per lui, ma la gratitudine, si sa, non è di questo mondo. Sicuramente adesso sarà con Vargàs, quell’altro ingrato, a bere mate e contemplare attoniti un solitario cespuglio in qualche sperduta landa delle Pampas.”

Quarto film del regista argentino, Liverpool è ambientato nel freddo, nei ghiacci della Terra del fuoco, in terre desolate e gelide, dove l’uomo è in balia della natura più ostile.
Il protagonista è sempre un uomo con un passato che non è dato allo spettatore conoscere, se non per sommi capi, sempre in fuga da se stesso, costretto per lungo tempo ad un isolamento forzato (in questo caso una nave container sempre in giro per il mondo).
La particolarità di Liverpool, oltre che per l’ambientazione, sta nel fatto che, poco dopo la metà del film, il protagonista scompare, non viene più seguito nel gelido pellegrinaggio alla ricerca del suo passato, lasciando solo una indicazione, un labile indizio su dove possa essere finito.
qui la “colonna sonora”.

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