Recensione su Lisbon Story

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16 Maggio 2012

Forse il miglior Wenders dopo il cielo sopra Berlino, perchè riassume in maniera decisa ed affascinante i temi più cari al regista tedesco. In primis quello della visione e della memoria. L’immagine captata dalla videocamera è comunque un momento spazio temporale ben preciso, caduco e forse, per certi versi, diverso dalla realtà che viviamo. Forse non è realtà, o forse esiste come ricordo della realtà che l’osservatore percepisce. Questo tema è stato trattato anche in FIno alla fine del mondo ma qui, è svolto attraverso la dicotomia tra un regista che perde la fede nell’immagine in movimento (fino a decidere di non osservare più ciò che riprende) e un tecnico del suono che gira col suo microfono a raccogliere e collezionare i suoni più umili della città. Ed è proprio lui che gli farà riscoprire la bellezza dell’immagine e il gusto dell’immagine in movimento, quella che cambia anche mentre la si riprende.
Non è il principio di indeterminazione della percezione visiva è il suo opposto. Il senso di ciò che si vede appare proprio nel cambiamento.
La città ha fascino anche per questo.
E Lisbona, in ogni suo viottolo, in ogni particolare è una co-protagonista splendidamente ritratta da Wenders.
E’ un film che nella semplòicità di ciò che propone assurge a motivo conduttore della filmografia di Wenders.
E giusto per tirar una stoccata ad Allen…E’ così che si rende omaggio ad una città, non nascondendosi dietro i fasti di un passato lontano e spacciando per opere i filmetti di quarta categoria…

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