Recensione su L'invenzione di Morel

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Il fascino di uno strano film / 10 Maggio 2016 in L'invenzione di Morel

È difficile spiegare il fascino innegabile che sprigiona da questo film. La vicenda, pur con il dovuto rispetto per il romanzo di Bioy Casares da cui è tratta, è tutto sommato abbastanza assurda. Forse il merito è di una protagonista non immediatamente evidente: la casa sull’isola. Gli interni déco e gli esterni vagamente futuristi, tra i quali si aggira l’attonito (e bravo come sempre) Giulio Brogi, emanano una suggestione potente. Forse è il fascino che proveremmo nell’entrare in una casa abbandonata ma intatta, elegante e misteriosa. Il fascino della profanazione della tomba di un faraone, in un certo senso – e la villa di Morel ha qualcosa della tomba egizia, con la sua vacua promessa d’immortalità e la sua immancabile maledizione.
Per i curiosi, la casa non è una vera casa: come spiegava lo stesso Greco durante il dibattito seguito a una proiezione del film (nel 2007), gli interni sono stato costruiti a Cinecittà, mentre gli esterni sono stati tirati su per l’occasione a Malta; non poggiavano nemmeno su fondamenta. Ho scoperto la località precisa: Gnejna Bay – la torre che si intravede spesso vicino alla casa è la torre Ta’ Lippija. Della casa non sopravvive oggi più nulla, a giudicare dalle immagini via satellite, se non forse una vaga sagoma sul terreno. Ma riemerge intatta a ogni visione; è la macchina da presa, è il cinema, l’autentica invenzione di Morel.

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