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L'insulto

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Il malessere porta dolore / 27 Aprile 2018 in L'insulto

Yasser e Toni sono due onesti lavoratori nella Beirut di oggi.
Hanno solo una diversità enorme: il primo è un operaio profugo palestinese mentre il secondo un libanese cristiano.
A tranne questo sono molto simili. Orgogliosi e testoni ma onesti.
Questa sola e inutile diversità li porterà di fronte ad un giudice per risolvere una questione riguardo un banale e stupido insulto.
Si aprirà una ferita mai rimarginata che coinvolgerà non solo i due protagonisti ma tutto il mondo libanese.
Praticamente una follia e tutto perché: hanno credenze diverse.
Le religioni sono il male della terra e questo ennesimo film lo conferma in pieno. L’inutilità di voler credere che io sono meglio di te perché sto nel giusto e così si inizia una guerra tra poveri… Una follia.
Ben recitato e molto azzeccata anche la battaglia legale dei due avvocati (non vi dico altro…). I protagonisti bravissimi.
Pecca un po’ nel finale, un po’ troppo buonista e molto americano ma nel complesso un bel film, da vedere. Anche se non farà cambiare idea a nessuno purtroppo.
Ad maiora!

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Sassi e buonsenso / 8 Aprile 2018 in L'insulto

Costruito come un thriller “all’americana”, con tanto di continui colpi di scena e rovesciamento di sorti in una delle location predilette dai film di genere, l’aula di tribunale, il film libanese L’insulto, scritto e diretto da Ziad Doueiri, parte da un’idea relativamente semplice, per raccontare di atteggiamenti radicati nella società umana da tempi immemori.
Ingiustizie, prevaricazioni e incomprensioni personali si estendono a parti di comunità via via più ampie. In questo processo di amplificazione, si perde puntualmente di vista l’oggetto del contendere, il più delle volte costituito da una vera minuzia.

Lo schema narrativo si basa sul classico fenomeno fisico del sasso che, gettato nell’acqua, genera una serie di cerchi concentrici.
Qui, nel cerchio più interno, ci sono Tony (cristiano libanese) e Yasser (profugo palestinese, musulmano): da uno screzio fra i due, ha origine un conflitto legale che raggiunge le alte sfere della giustizia e della politica, portando alla luce diatribe e drammi legati alla storia recente del Libano, solo apparentemente sopiti.

Al di là della sua cornice storica e sociale, L’insulto è un film emozionante, perché mette in scena con efficacia l’umanità, intesa come insieme di peculiarità positive e negative dell’Uomo.
Tony e Yasser sono più simili di quanto essi stessi riescano a percepire nell’immediato. In primis, sono testardi. In secondo luogo, sono onesti. Doueiri insiste con padronanza narrativa e tecnica sulle loro affinità, raccontando piccoli episodi che li riguardano e mostrando rapidi sguardi che legano sempre più saldamente i due protagonisti, dimostrando che le divisioni e i conflitti che dilaniano le comunità sono il frutto di pure sovrastrutture mentali, effimere e inconsistenti, lontane dalla realtà, dalla quotidianità, dalle dinamiche che, realmente, intercorrono fra persone di buonsenso.

Ottima resa tecnica, con bella fotografia, bel montaggio, bei movimenti di macchina.
Bravo tutto il cast. L’interpretazione asciutta, compatta ed estremamente empatica di Yasser è valsa a Kamel El Basha la Coppa Volpi come miglior attore a Venezia 74. Si è trattato della prima prova cinematografica di questo attore teatrale palestinese. Negli extra del dvd, Doueiri racconta delle difficoltà sopraggiunte (e poi risolte sul filo di lana) per consentirgli di ritirare il premio in Italia. Un piccolo aneddoto realmente accaduto che sottolinea l’assunto del film.

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Qadiyya raqm 23/L’insulto / 8 Aprile 2018 in L'insulto

Una storia di ordinaria giustizia e amministrazione, trascinata sull’onda emotiva e razzista tra Libanesi e i profughi Palestinesi, in una “guerra” processuale, lì dove per etnia, confini e religione non sembra vedersene la fine. Doueiri, con uno stile molto rapido, tenendo saldo il ritmo e guardandosi dal patetico, (anche se la mania dell’happy-ending si intravede sul finale) quasi americano (ex-collaboratore di Tarantino), si muove su un terreno difficile, ma arriva al centro, portando sullo schermo un film trascinante; analizzando i perché, i come e toccando le sfumature storiche per dovizia di comprensione, evitando però (il più possibile) le didascalie; e coglie come la riconciliazione avviata con quel processo sia possibile, ricordando il proprio passato ma guardando senza rancore al futuro. Ma più che possibile, anche a costo di dolore e umiltà, è imperativa.

Coppa Volpi del Festival di Venezia al miglior attore.
Candidato all’Oscar 2018 come miglior film straniero.

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