Un futuro che assomiglia molto al presente / 17 Luglio 2015 in Les Saignantes

Incuriosito dalla sua fama di raro esempio di cinema sci-fi africano, ho presto constatato come gli elementi futuristici siano limitati a un’automobile a comando vocale, peraltro ricavata da una Mercedes già vecchia per il 2005, da una videochiamata e da qualche dispositivo elettronico come un vistoso auricolare luminoso. Nel prosieguo del film appare però sempre più chiaro come questa scelta, dettata probabilmente da un budget limitato, sia comunque funzionale all’opera messa in piedi da Jean-Pierre Bekolo.
“Siamo già nel 2025 e non molto è cambiato”. L’incipit non è casuale e tutto sembra quadrare man mano che la vicenda assume più i contorni di un intrigo politico che di un’annunciata distopia erotico-vampiresca. Al centro c’è la morte di un anziano politico, deceduto durante l’amplesso con una delle due protagoniste, giovani e intraprendenti arrampicatrici sociali nella Yaoundé del futuro. Da lì il film prende la piega di un thriller dove si intrecciano molti temi.
Innanzitutto è una storia di donne. Due ragazze alle prese con una società maschilista che fa del loro giovane corpo l’unico vero mezzo di ascesa sociale. Lungi dall’essere delle ingenue martiri schiacciate dagli eventi, le due protagoniste appaiono comunque molto spregiudicate, consapevoli dei propri mezzi e disposte a tutto pur di raggiungere soldi e successo.
Due vere “gold-digger” in cui però, a un lato fortemente materialista se ne affianca uno più spirituale. Mevoungou è la forza ultraterrena che aleggia durante tutto il film e che guida l’azione nei momenti cruciali. Ispirato dalla tradizione spirituale beti, il regista si serve di questo culto per coniugare il materialismo sfrenato con una dimensione spirituale presentata quale balsamo purificatore nei confronti della corruzione e del degrado imperanti nella società odierna (e futura).
Una società di un paese allo sfascio, in cui non c’è più posto per valori che vadano al di là del benessere economico e del tornaconto personale, un paese dove i funerali vengono soprannominati W.I.P. (Wake for Important Personality) e che altro non sono che occasioni per mettersi in mostra ed entrare nelle grazie del potente di turno. Proprio questi spaccati di vita, in cui viene messa in scena la disillusione e il cinismo di uomini e donne comuni, rappresentano l’aspetto più interessante del film. Gli sfoghi divertiti ma rassegnati del vecchio poliziotto con il giovane idealista o l’aspirante ministro che mendica un ufficio solo in virtù del fatto di provenire da una certa regione, rendono bene l’idea dell’opportunismo e del clientelismo che regnano nel panorama politico camerunense, africano e non solo.
Anche se a colpirmi maggiormente non è stato quello che mi sarei aspettato, non sono rimasto deluso. Alcune scene di possessione sembrano un po’ improvvisate, non è che ci siano grandi effetti speciali, ma l’atmosfera non è male. Come detto poi, ciò che mi ha incuriosito di più è stato lo scorcio di vita offertoci da questo film dalla storia un po’ travagliata. Caduto sotto la tagliola della censura governativa è stato successivamente riabilitato per poi guadagnarsi il secondo premio al Festival di Ougadougou. Una vita difficile che forse spiega la scelta del regista di ambientare la vicenda in un futuro così simile al presente.

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