Lo strano normale / 18 Settembre 2016 in L'effetto acquatico
Tenue e breve film di amore e fuga. Samir, un gruista nordafricano dall’aria comico-triste da cinema b/n, si innamora di Agathe, esile insegnante di nuoto in una piscina di periferia (Montreuil) dove i gestori sono tutti tra il bizzarro e il freak. Anzi tutti i personaggi lo sono. Di non saper nuotare finge, per poter prendere lezioni. Le rifugge, cede, scopre l’inghippo, rifugge in Islanda a un buffo congresso internazionale di istruttori di nuoto. Lui la segue, fingendosi il delegato israeliano, perde la memoria. A questo punto, su naturali sfondi ghiacciati ed estesi, il movimento a inseguire viene ribaltato, a lei di convincersi che lui è quello giusto e fargli tornare la memoria. A precipizio totale la trama, nella prima parte (la piscina) ma anche dopo (il congresso in Islanda), dato che sono 80 minuti in tutto e non si preoccupa certo di essere (in)verosimile, semplicemente si concentra su altro. I nodi si sciolgono come ghiaccio in sauna, e c’è un candore ed emozione rari nei sentimenti e balletto dei due che si inseguono e allontanano a vicenda. La fauna umana dietro è ironica e conciliante, il mondo è bello e possiamo re-innamorarci in una piscina di sorgente o un geyser calda o boh che ne so, e sarà bello di nuovo. Poi la regista è morta di cancro subito dopo, nel 2015.
