Recensione su Senza lasciare traccia

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L’impossibiltà e la voglia di essere normali / 22 Luglio 2019 in Senza lasciare traccia

Un film interessante. Premesso che se avessi una figlia mai vorrei farla vivere in quella situazione, man mano che il film procede si capisce che il padre, un reduce da una guerre americana, ha sofferto a tal punto che non sopporta più il contatto con altri esseri umani che non siano la figlia, per questo si rifugia in una parco in cui non cacciano ma mangiano solo vegetali, in maniera che è critica per la stessa crescita della ragazza. Qui la regista, una donna, adombra un dei tanti archetipi di coppia, in questo caso padre-figlia, l’inverso non sarebbe stato realistico nella situazione data, introducendo dei temi che sono propri del rapporto maschile e femminile. Nei primi minuti del film c’è una scena in cui la femminilità della ragazza appare evidente: è quando nel bosco trova una medaglietta che vorrebbe tenere, ma il padre glielo impedisce. Nel proseguo vedremo che la ragazza porta questa medaglietta. Ma la ragazza sempre di più si mette in contrasto col padre quando vengono catturati e messi in una situazione normale con una casa e un impegno. Infatti per lei acquistano importanza il leggere e il socializzare, e finanche avere delle relazioni sentimentali. Il contrasto col padre si fa quindi più evidente perché quello che si rivela è la crescita della ragazza che diventa donna. Ma il padre inseguito dai propri fantasmi non se ne rende conto e vuole tornare a fuggire e la figlia lo segue con sempre maggiore riluttanza fino a staccarsi definitivamente da lui pur volendogli bene. In una delle scene finali infatti la ragazza dirà al padre: “Non ho il tuo problema!” riferendosi alla sua particolare ferita psicologica. E alla fine si divideranno pur soffrendo perché è una situazione impossibile per la ragazza mancandogli il problema mentale del padre. Un film che evidenzia l’impossibilità di vivere fuori norma se non si hanno delle turbe psichiche che costringono a stare fuori la società, e nello stesso tempo l’incoerenza tra una presunta libertà rivendicata e la costrizione di qualcuno che si ama a fare una vita diversa dal normale.

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