ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Il film di Hillcoat ha grossi difetti in fase di script: tra questi, annovero una certa farraginosità iniziale che fa decollare la storia a rilento ed una scarsa definizione dei personaggi, la cui definizione viene affidata quasi esclusivamente alla loro presenza fisica e alla fantasia dello spettatore.
Per intenderci, nessun personaggio risulta pressoché definito dall’interazione con gli altri, ma dal suo solo essere in scena (il corpo dell’attore, dotato di precise caratteristiche: alto, massiccio, bionda, basso, ecc.) e dagli attributi caratteriali che lo spettatore trova più sensato dargli (questo è taciturno, è un duro; questo bercia, combinerà guai; ecc.).
Nel complesso, però, il film mi è piaciuto: si tratta di una “sana” storia di revolverate e macinini dell’anteguerra, su cui aleggiano un leggero tono epico ed una vaga ironia nera (“Mi hai portato tu in ospedale? Quindi… Non ho camminato per venti chilometri?” e, poi, tutti i feriti gravi che non sembrano voler mai, dico mai, morire, nonostante le gole tagliate, le pallottole deflagranti e le badilate in testa), con maschie alleanze e depravazioni di vario genere.
Bravi gli interpreti, anche se Tom Hardy si muove poco (sembra un orso in giacchetta di lana), come se, non so, fosse reduce da qualche infortunio invalidante.
Guy Pearce viscidissimo: con quella scriminatura tra i capelli e senza sopracciglia sembra un inquietante Alfa Alfa de Le simpatiche canaglie cresciuto male.
Gary Oldman fa poco più di una comparsata.
Strepitosa colonna sonora curata ed eseguita da Nick Cave , da alcuni amici Badseeds e da un arzillo nonnetto con le trecce bianche di nome Willie Nelson.
Sarò noiosa, ma, per favore per favore per favore, qualcuno interdica l’accesso alle sale di doppiaggio ad Adriano Giannini. Per favore. Sob.
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