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L'angelo sterminatore

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18 Agosto 2015 in L'angelo sterminatore

Storia surreale e metaforica, angosciante e criptica, dove il regista sbeffeggia crudelmente la classe sociale borghese.

L’angelo sterminatore: repetita iuvant / 27 Maggio 2015 in L'angelo sterminatore

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Metaforico e simbolista all’ennesima potenza (e, per questo, a mio parere, paradossalmente troppo esplicito), qui Buñuel si diverte a prendere a pesci in faccia un paio delle figure sociali che maggiormente fatica a sopportare: la borghesia ed il clero.

L’immobilismo mentale del ceto medio e/o arricchito corrisponde all’incapacità fisica di uscire sia da una stanza che dalle convenzioni create in secoli di codici comportamentali giudicati anacronistici e vacui.
Al contempo, questa barriera invisibile impedisce che, dall’esterno, si possa violare il regno borghese, la sua apparente solidità, i suoi schemi.
Eppure, come viene mostrato nel film, basta poco perché l’irreprensibilità, la “giustizia”, i codici etici e morali possano smettere di funzionare, a favore di un costante e progressivo degrado del corpo e della psiche. E, allora, al desiderio di far parte di un’accolita d’élite, subentra la repulsione nei suoi confronti.
L’indigenza assimila gli uomini. Ed è nel momento di massima crisi che i protagonisti comprendono che, forse, collaborando, una soluzione (per quanto assurda) è prossima.

E se, in un primo momento, sono le lusinghe dorate della vita agiata ad imprigionare ed accecare i convenuti, è, poi, la Chiesa a costringerli nuovamente in una condizione di convivenza forzata ed indesiderata.
In questo senso, il gruppo di pecorelle che attraversa il sagrato per entrare nell’edificio, le cui campane suonano stonate, è un’immagine semplice, ma ridicolmente efficace.

Bello il gioco della ripetizione apprezzato e spesso adottato, come in questo caso, da Buñuel: aumenta l’atmosfera da fiaba truce che sottende la storia.

Nota: la seconda metà del film mi è parsa inesorabilmente più cupa, punteggiata da foschi tratti di negromanzia spicciola e da dettagli surreali e disturbanti come quello della mano mozza che, risalendo e tastando lascivamente il petto di una delle convitate, tenta poi di strozzare la donna.

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3 Settembre 2014 in L'angelo sterminatore

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Mi ha ricordato la barzelletta dei due inglesi, naufraghi su un’isola deserta, che non si parlano finché non giungono i soccorsi, poiché nessuno li aveva precedentemente presentati: la borghesia, con tutte le sue forme, con i suoi riti, con “questi vestiti così rigidi, fatti per le statue e non per gli uomini”, risulta prigioniera delle sue stesse convenzioni, e nonostante tutto ad esse fermamente aggrappata, fino alla fine – o meglio, finché non cade la maschera, e si rivela il substrato animale, corrotto, freudiano che l’etichetta vorrebbe nascondere. E infatti cosa permette ai nostri ‘naufraghi’ di scampare alla loro prigione? Riprodurre gli eventi della sera in cui la loro prigionia è cominciata ma rompere per una volta l’etichetta e dire a chiare lettere che sì, vogliono andarsene.
Quello che non amo di Bunuel è la sua evidentissima parzialità politica, ma mi ha colpito molto la metafora riferita alla fuga dei domestici, ‘come ratti che sfuggono a una nave che affonda’: simpatici, questi borghesi!

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12 Agosto 2013 in L'angelo sterminatore

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Premettendo che ho letto l’analisi del film DOPO averlo visto, non so se l’averlo fatto prima avrebbe influito sul voto dato. Sono ancora troppo inesperta per analizzare in prima persona un film senza leggerne la critica, però devo dire che questo, pur non essendomi piaciuto una volta finito, mi ha colpita per alcuni dettagli che nemmeno so bene individuare. E’ interessante vedere come cambiano i comportamenti se si è costretti in una convivenza forzata, vedere come le VERE persone vengano a galla. La cosa che mi ha lasciata principalmente perplessa è stato il fatto di non capire il motivo per cui dalla stanza non si può uscire, o non si può entrare nella casa, ma forse questo senso di incompiutezza era proprio ciò che ricercava l’autore. Il senso del film ora, dopo aver letto numerose analisi, mi è più chiaro..tuttavia un punto a sfavore va alla resa stessa del film…ma per questo non se ne può fare una colpa a nessuno dal momento che di tempo ne è passato (poveri noi ventenni succubi di effetti speciali e tecnologia che non sappiamo apprezzare le tecniche semplici e fantasiose che venivano usate prima!)
Penso che dovrei rivedermelo una seconda volta per poterlo giudicare meglio.

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