Un putto grottesco / 31 Agosto 2020 in L'angelo del crimine

Presentato a Cannes 2018 nella sezione Un certain regard, prodotto da Pedro e Agustìn Almodóvar e pluripremiato dall’Academy e dai critici cinematografici argentini, il film L’angelo del crimine di Luis Ortega si ispira abbastanza liberamente a cruenti fatti di cronaca realmente accaduti a Buenos Aires.
Nel 1971, Robledo Puch, un diciassettenne con la faccia d’angelo e l’anima nera come l’inferno, ha compiuto rapine e omicidi, partecipando anche a vari stupri, aggressioni e rapimenti.
Prima di diventare un famoso serial killer, Puch era cresciuto in seno a una famiglia più che normale, così normale da essere banale, ecco, sviluppando una passione immotivata per il crimine.

Il film di Ortega mi è piaciuto, con qualche riserva, dovuta più che altro alla prova non troppo convincente dell’attore protagonista, l’allora esordiente Lorenzo Ferro, che avrà pure avuto la presenza scenica giusta per interpretare Puch, ma che, in quanto a capacità artistiche, perlomeno qui, uhm.
In particolare, ho apprezzato il tono inaspettato, quasi improbabile, oso dire stralunato del racconto, in cui l’elemento grottesco, dai contorni “buffi”, quasi sublima quello puramente criminale. Non nego che la questione possa essere considerata un errore, una specie di cattiva taratura del film, ma -ouh- a me questa faccenda, cinematograficamente parlando, è piaciuta.
Il Carlitos di Ortega è una creatura che è difficile definire cattiva: certo, è capriccioso, lunare, incoerente, bugiardo e ammazza a sangue freddo, ma ha una purezza e una sincerità di fondo che collima benissimo con il suo aspetto efebico, da putto olimpico, da Adamo incosciente.

Quindi, complice l’aspetto di Ferro, che ha i riccioli di Niels Schneider nel film Les amours imaginaires di Xavier Dolan (e il broncio di Chloë Grace Moretz), mentre guardavo L’angelo del crimine, ho pensato a lungo proprio al giovane regista canadese e, alla fine, senza che dicessi niente a tale proposito, il mio compagno di divano mi ha detto: “Mi ha fatto venire in mente Dolan”. Pensa te.
Insomma, ho finito per domandarmi: quand’è che Dolan farà un thriller propriamente detto? E, se mai lo farà, sarà più o meno così? Anche qui, si parla di sesso e sessualità e il protagonista è alla ricerca di un’identità di genere e vive conflitti edipici come accade nei film di Dolan. Poi, c’è una buona attenzione ai cromatismi e alla fotografia, alle scenografie, alle musiche… Non sto dicendo che Ortega è il Dolan argentino, lungi da me. Ma, com’è come non è, mi sono ritrovata a fare queste considerazioni.

Il cast annovera famosi attori ispanoamericani, come il cileno Luis Gnecco (Pablo Neruda nel film di Larraín, per esempio) e l’argentina Cecilia Roth (sinceramente, sempre più irriconoscibile, a causa dei lifting). Ramón è interpretato da Chino Darín, figlio dello stranoto Ricardo.

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