Recensione su L'amico di famiglia

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Sorrentino, al suo terzo film, gira una bella commedia amara e grottesca / 4 Giugno 2011 in L'amico di famiglia

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’amico di famiglia del titolo è un uomo anziano dall’aspetto disgustoso e bizzarro, che se ne va in giro con un braccio perennemente fasciato, una busta della spesa sempre a portata di mano e la testa sovente avvolta da una bandana contenente fette di patate nel tentativo, comunque inutile, di combattere le frequenti emicranie di cui soffre. Il suo nome è Geremia, e oltre a doversi occupare della madre invalida, è titolare di una modesta sartoria, anche se la sua attività principale è un’altra: Geremia, infatti, elargisce prestiti alle persone bisognose, pretendendo però la restituzione delle somme donate con tanto di interessi astronomici. In parole povere è un usuraio, anche se lui non ama definirsi così, visto che – dal suo punto di vista, naturalmente – è convinto di rendersi utile alla società. Si crede un beneffattore, insomma, quando invece è uno spietato strozzino. Alla fine però – per la legge del contrappasso – avrà ciò che si merita.
Dopo i sorprendenti “L’uomo in più” e “Le conseguenze dell’amore”, Paolo Sorrentino, al suo terzo film, gira una commedia amara e grottesca mettendo al centro del racconto un personaggio, quello di Geremia, sgradevole e aberrante: egli è un essere spregevole, è uno che campa sfruttando le miserie altrui, è un uomo che nemmeno si rende conto della squallida vita che conduce, condannato com’è ad una esistenza triste e solitaria. Il suo unico amico, o pseudo tale, è Gino, un cowboy malinconico che vive in una roulotte scassata. Gino si rivelerà essere un falso amico, dato che alla fine non ci penserà due volte a fregare a Geremia i soldi che quest’ultimo aveva guadagnato nel corso della sua squallida esistenza (a proposito: questo è uno snodo narrativo che ricorda un po’ troppo quello del finale de “Il genio della truffa” di Ridley Scott). Sorrentino è un autore ambizioso, lo si può facilmente capire da come usa la macchina da presa (splendida tutta la parte iniziale a colpi di carrelli e ralenti); uno stile, il suo, ricercato e complesso, che però evita abilmente di scadere nella mera esibizione stilistica. Tra gli attori, da segnalare uno straordinario Giacomo Rizzo, che si impossessa del personaggio di Geremia con una facilità impressionante; molto bravo anche Fabrizio Bentivoglio nel ruolo di Gino, cowboy solitario che sogna di scappare nel Tennessee. In conclusione, anche se leggermente inferiore ai primi due film di Sorrentino, “L’amico di famiglia” merita comunque un voto positivo. Ottima la colonna sonora.

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