11 Marzo 2013 in Luci della sera

“Le luci della sera” è solo il secondo film di Kaurismaki che vedo (procedendo, casualmente, a ritroso cronologicamente), ma già sento l’impulso di sbilanciarmi in sperticate lodi a suo favore perché trovo che abbia la capacità di infondere al suo lavoro una poeticità così graziosa e al tempo stesso dolorosa da risultare mirabilmente rara, preziosa.
Mi piace la fotografia nella sua ricercata essenzialità, l’intreccio di luci, colori, oggetti è equilibrato ma mai piatto, anzi la calma stazionaria e silenziosa delle ambientazioni è incredibilmente viva e pulsante. Mi piace la fissità dello sguardo, sempre assente e assorto, dei personaggi, e la recitazione pacata e distaccata; mi piace lo stile della narrazione, asciutto e sognante, e mi piace l’atmosfera surreale che ne deriva.
I dialoghi di questo film sono scarni, la condizione esistenziale del personaggio principale è narrata attraverso le immagini, un’operazione che ha la delicatezza e il sapore di film d’altri tempi. I sentimenti protagonisti sono il senso di solitudine, di abbandono, di rifiuto; si tratta di un racconto, di una favola semplice e triste, che trova la sua grandiosità nel saper trattare con così dignitosa maestria quotidiane miserie e umane piccolezze.

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