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La Stanza del figlio

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La Stanza del figlio / 19 Luglio 2020 in La Stanza del figlio

“La stanza del figlio” è forse l’apice della carriera di Moretti, ancora più del tanto celebrato “Caro Diario”(secondo me eccessivamente verboso ed intellettuale). Questo film punta altissimo: la rappresentazione sincera di un lutto e delle conseguenze drammatiche su una famiglia. Tutti i personaggi sono clamorosamente perfetti: dal padre, psicanalista eppure pieno di conflitti nevrotici post lutto, alla madre, carica di un dolore materno inconsolabile, alla figlia, che ha reazioni altalenanti al lutto, tra la rabbia e la profonda elaborazione, al figlio scomparso, descritto in maniera semplice e poetica. Moretti nei minuti finali disegna una delle vette del cinema italiano degli ultimi 30 anni: un finale dalla semplicità e dalla sagacia di chi sa esattamente cosa vuole dire. L’istrionico provocatore dei primi film si è trasformato in un regista adulto e riflessivo. Grandissimo film.

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26 Settembre 2013 in La Stanza del figlio

Palma d’Oro 2001 a Cannes, La stanza del figlio è un ritratto realistico e intimo di una famiglia normale e, come si dice in psicologia, di un evento critico non normativo: la morte del figlio adolescente.
Moretti, più votato ai sentimenti chiari e genuini questa volta, imbastisce un film diretto e crudo nella sua realtà, che il cuore un po’ lo stringe, senza urla e salti mortali, ma con tante piccole scene intimiste di dolore raccolto.
Non un capolavoro, ma un film sincero, che sicuramente risulta molto sentito a chiunque e soprattutto a chi ha questi vissuti. Brava molto Laura Morante, meno Nicola Piovani alle musiche, zuccherino e invasivo ma splendida la scelta di Brian Eno nel finale, che finisce per essere davvero un buon finale.

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Terribilmente bello. / 13 Marzo 2013 in La Stanza del figlio

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“La stanza del figlio”.
Ho sempre avuto un rifiuto per quella pellicola, non nel senso che la disprezzi ma sapevo di cosa trattava e soprattutto come la trattava. Un bellissimo film che vi consiglio, probabilmente lo conoscete già, soprattutto a tutti quelli che hanno timore di vederlo. Il tema affrontato è il dolore entrante in una famiglia felice.
Quella che è, infatti, una famiglia felice si trasforma in una famiglia distrutta.
Andrea, un ragazzo poco più che adolescente, muore per un incidente in mare mentre faceva delle immersioni con gli amici.
La famiglia viene spaccata da questa esperienza e dei tre componenti rimasti, ognuno reagirà in modo diverso a questa terrbilie esperienza.
Il padre (interpretato da Nanni Moretti), Giovanni, è uno psicanalista.
Prima del lutto esegue il suo lavoro in modo calmo, riflessivo, lucido. Quando svolge la sua attività ci vengono mostrati i suoi pazienti: “Qualcuno è stanco di vivere, qualcuno è uno che ha finti problemi, altri vivono semplicemente una vita noiosa”. Ascolta le loro domande, tenta di dar loro risposte.
Dopo il lutto, sarà egli stesso a farsi domande interiori collegate alla Domenica, il giorno ultimo di Andrea. Se da un lato non perdonerà mai la sua scelta, quella di andare a trovare uno dei pazienti invece di andare a correre con il figlio. Dall’altro non perdonerà mai il paziente in questione che è, se non responsabile, collegabile al fattaccio. Ma riflettiamo, egli ricorre alla “dietrologia” ovvero al cosa sarebbe successo se non avessi fatto questo. Probabilmente Andre non sarebbe morto, avrebbe corso con il padre, avrebbe mangiato un gelato e sarebbe andato con gli amici la Domenica successiva.
Oppure molto più probabilmente sarebbe successo ugualmente poiché il padre amava il figlio e avrebbe fatto passare comunque la giornata con gli amici.
Altre due figure emblematiche sono la madre e la sorella, esse reagiranno in modi diversi. Mentre la prima si chiuderà nel pianto, la seconda invece risponderà con rabbia, violenza. Le due sono tanto sconvolte quanto Giovanni, soprattutto la madre che cerca di ricordarlo e di rendere partecipi dell’esperienza i possibili ospiti che hanno a casa. Ciò non avviene nella figura maschile del film, cerca di tenere dentro ma attenzione non dimentica. Le uscite, le cene con gli amici, sono dei momenti di svago che non colmano il vuoto. Alla vicenda si aggiunge una terza figura (e una quarta) , una ragazza con cui Andrea aveva iniziato una conoscenza. Non era la sua fidanzata ma poteva nascere qualcosa fra i due.
Il film l’ho trovato tostissimo, come toste e riflessive sono le parole del prete a un certo punto della pellicola. Come Dio dona, Dio toglie.
Parole che sono dette a una famiglia la quale ha appena vissuto un lutto.
Scuotono lo spettatore, turbano e fanno ricadere in uno stato di rabbia/infelicità la famiglia in questione. Solo verso i minuti finali tutti sembrano ritrovare una parvenza di felicità che lascia sperare a un futuro quotidiano migliore.

DonMax

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Argh. / 21 Novembre 2012 in La Stanza del figlio

Il film sembra essere diviso in due parti: la tranquilla vita di famiglia e il lutto massacrante. E quasi tutto il film si snoda nella plausibile narrazione del dolore, privato da qualsiasi orpello cinematografico, lasciandolo in balia della normalità. Della realtà.
Giovanni non fa che aggrapparsi ai ‘se’ e ai ‘ma’ che avrebbero potuto cambiare quella giornata in cui ha perso il figlio, creando dei ricordi che non sono mai esistiti, pur di far rivivere Andrea per qualche altro momento nella sua mente. E’ scosso e moralmente a pezzi, tanto che non riesce più nemmeno a lavorare.
Paola non fa che piangere e urlare, mentre Irene si abbandona alle lacrime lontano dallo sguardo dei suoi, sempre più schivo e infelice. Autonomi dolori che allontanano e dividono i tre, sempre di più.

Bravissima la Morante, che per i pianti isterici è una delle migliori attrici italiane, idem per la Trinca. Gradevolissime anche le apparizioni di Stefano Accorsi, nei panni di uno con evidenti disturbi sessuali e Silvio Orlando che interpreta uno spacca balle incredibile (che tra l’altro costituiscono gli unici momenti “rilassanti” del film).

Ma io non so come La stanza del figlio abbia potuto vincere la Palma d’oro a Cannes nel 2001, riscuotendo tutto questo successo. Davvero non me lo spiego.
Io l’ho trovato vuoto, freddissimo. Privo di tutto. Di passione, di emotività. Ok, è uno spaccato della realtà più triste per una coppia di genitori, ma non è nient’altro.
Si potrebbe quasi definire un documentario sulla lacerazione personale e delle relazioni con gli altri. Insomma, una noia pazzesca!

Nemmeno la scena in cui si sta per sigillare il coperchio che strapperà per sempre il viso di Andrea al mondo, mi ha emozionato. Magari sono un po’ più insensibile della persona media, ma davvero non c’ho trovato nulla di speciale.

Addio Moretti, per quel poco che so, non è stato bello conoscerti.

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18 Marzo 2012 in La Stanza del figlio

come affrontare il dolore derivante dalla perdita di un figlio
il film riesce a non esagerare nelle scene drammatiche e non scade mai nel patetico.

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