Un orologio stanco / 6 Maggio 2014 in La sedia della felicità
Una commedia è come un orologio, milioni di pezzettini che devono incastrasi
alla perfezione, per far scorrere le lancette senza ritardi e senza che s’inceppino.
Fatta bene richiede pazienza, limature, revisioni totali della sceneggiatura.
Nella sedia della felicità si è preferito costruire una meridiana, che segna le
ore con noiosa regolarità, per settori stagni, guidata unicamente dal movimento
(apparente) del sole.
I motivi per cui è stata fatta questa scelta non li conosco, forse perché
mancava il tempo necessario a ritagliare con cura i tasselli del puzzle.
Non c’è alcun incastro, alcuna sorpresa, nessuno ritorno di personaggi, nessun
ingarbugliamento di situazioni.
Eppure i filoni che si potevano seguire sono tantissimi, a partire da un
incontro tra Balasso e la funzionaria del tribunale, all’incrocio tra le
ricerche del prete e dei due protagonisti fino a qualche sottotrama della
sensitiva, della sua governante, di Bruna e il fidanzato, della collega di Bruna e il rumeno e così via…
Invece niente. Personaggi piatti, nessuna evoluzione, stereotipi a piene mani.
Gli interpreti sono tutti bravissimi, dai protagonisti ai minuscoli camei di
Ricciarelli, Citran, Mazzocca, Balasso, e così via, ma non riescono a dare una
scossa al film, se non per singole scene carine ma prive di seguito, lasciando che
il film scorra placido e risulti parecchio più lungo dei novanta minuti di
metraggio, senza lasciare traccia alcuna nello spettatore.
