Recensione su La scala a chiocciola

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Il mistero in fondo alle scale. / 21 Ottobre 2014 in La scala a chiocciola

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Buon thriller atmosferico, con belle ombre misteriose ed una casa ricca, ampia, articolata, ma troppo poco disturbante (acc!) per essere elemento architettonico fondamentale, insieme alla scala del titolo, per provocare, insomma, inconscio turbamento nell’animo dello spettatore.
Bella seppur poco sensata la sequenza in cui la governante muta torna a casa giocando con un bastone e l’inferriata del giardino: mi ha ricordato, in chiave gotica, l’immagine-simbolo de L’esorcista di Friedkin, quella in cui Von Sydow giunge davanti alla villa e da questa si staglia una luce che definisce i contorni di una cancellata, appunto, e del prete.

Per il resto, diversi dettagli mi sono parsi poco incisivi, ahimé quasi ridicoli.
Fra questi, la rievocazione improvvisa di un omicidio compiuto anni prima ai danni di “una ragazza”, mai definita, sconosciuta anche a risoluzione dichiarata.
Anche la scelta delle vittime, tutte giovani donne afflitte da una più o meno grave malformazione, mi è parsa alquanto forzata.
E la continua sollecitudine nei confronti della ragazza muta: “Vai via stasera”, “Ti porto via stasera”, “Devi andar via da qui”, ecc. Perché proprio quella sera e non la precedente? Cosa lascia supporre che l’assassino colpirebbe quella sera e non un’altra? Non c’è alcun modus operandi in questo serial killer, nulla che permetta di provare vero terrore, perché l’unica depositaria della presunta verità, la madre inferma (Ethel Barrymore), tacendo, sembra farsi un vanto dei propri segreti e della sua presunta misantropia.

Tralasciando il fatto che chi sia l’assassino risulti intuibile decisamente presto, anche a causa del fatto che esso viene mostrato più volte, seppure il suo viso sia nascosto (è facile, quindi, trarre le proprie conclusioni in un baleno), tra le cose che ho gradito meno c’è l’interpretazione della protagonista, Dorothy McGuire: il suo personaggio, afflitto da mutismo, si esprime con una mimica plateale, falsa, didascalica, insomma stereotipata.

Curiosità: oltre ai nomi stranieri italianizzati (disposizioni di epoca fascista, si sa, imponevano tale prassi), mi ha fatto sorridere il doppiaggio di Stefano (Gordon Oliver), perché affidato ad un bravo e riconoscibilissimo Alberto Sordi.

4 commenti

  1. Peer / 8 Novembre 2014

    Appena finito di rivedere questo capolavoro. Commento veloce solo per rispondere ad alcune poco sensate critiche mosse da Stefania,, nella recensione qui sopra.
    La governante nel tornare a casa sbatte il bastone contro l’inferriata facendo rumore per esorcizzare la paura, come noi tutti forse abbiamo fatto in qualche occasione in cui eravamo spaventati (per esempio quello di mettersi a canticchiare, fischiettare, ecc.). Quindi sequenza molto sensata.
    Altra critica mossa è quella delle vittime scelte, tutte afflitte da qualche menomazione. In questa scelta a mio parere è chiaramente avvertibile l’influenza della storia, siamo infatti nel 1945 e sappiamo tutti quali fossero le idee naziste di epurazione degli esseri inferiori. L’influenza di questo clima si nota in molti film del periodo (vedi per esempio Nodo alla gola di Hitchcock). Se ciò non bastasse abbiamo altri esempi di cronaca simili, vedi il caso Ludwig.
    Terza puntualizzazione, a mio avviso l’assassino non si capisce assolutamente, la trama è orchestrata mirabilmente, il ritmo veloce, l’atmosfera angosciante, le trovate visite notevoli per l’epoca.
    Alle altre critiche mosse non rispondo perchè le trovo pretestuose e puerili.
    In definitiva questo film rimane un gioiello, un classico godibile oggi come lo sarà allo stesso modo fra altri 50 anni (i classici superano la prova del tempo).

    • Stefania / 8 Novembre 2014

      @Vittorio_Veronese: 1. la scena è bella, ma tirata in ballo senza senso di continuità con ciò che accade prima e dopo. Tra l’altro, inizia a diluviare e la protagonista non affretta il passo. Ovvio, tutto concorre a creare ansia nello spettatore, perché il killer è nascosto tra gli alberi e lei non si da una mossa. Ma mi è parso un éscamotage artificioso, decisamente fine a sé stesso; 2. il nazismo c’entra poco. Il protagonista è “semplicemente” ossessionato dal fatto che il padre l’ha sempre considerato un debole, così decide di rifarsi su persone menomate di sesso femminile: misoginia+complesso edipico, ok, ma -a parer mio- non c’è logica “gialla” sufficiente a tenere in piedi la dinamica degli assassinii. L’assassino aveva qualche legame con le ragazze uccise? Come era venuto a conoscenza di questa menomazione? Erano solo “sguattere” o…? Ecc. Continua a non avere senso narrativo il primo omicidio, quello della ragazza gettata nel pozzo: chi era? Aveva una menomazione? Chi lo sa? La madre non spiega nulla ed è l’unica persona a conoscere i dettagli della vicenda e l’identità dell’omicida; 3. l’assassino è individuabilissimo, per semplice esclusione: a. è un uomo, lo si vede dal primo fotogramma in cui compare, nel cortile della villa: tutte le donne vengono escluse dai sospetti; b. è un uomo elegante e ben vestito, indossa guanti di pelle: non è il marito della cuoca; c. è un uomo dalle sopracciglia folte e scure: non è Stefano, non è il dottore; d. ogni buon giallo insegna che l’assassino entra almeno una volta in scena prima del disvelamento e, ovviamente, deve sembrare insospettabile: non può trattarsi di un “passante”, deve essere parte più o meno attiva nella storia. In questo caso, poi, l’odio di Alberto per Stefano lascia subodorare molto. La soluzione, perciò, mi pare semplice.
      Purtroppo, secondo me, questo film la famosa prova del tempo che citi non l’ha superata affatto bene.
      Se, poi, ritieni le mie argomentazioni puerili, me ne dispiaccio, perché, come tento sempre di fare, ciò che scrivo è decisamente ponderato e motivato.

  2. paolodelventosoest / 27 Luglio 2017

    Ahimè ho avuto più o meno le tue stesse sensazioni. E dire che avevo amato follemente “La donna fantasma”, avevo grandi aspettative su questo noir: ma hai ragione, la McGuire con la sua recitazione artefatta e un villain col faccino da gelataio rovinano tutto 🙁

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