Recensione su La ragazza del lago

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dell’inadeguatezza / 11 Marzo 2011 in La ragazza del lago

E’ sicuramente un film di genere, che non lo rivoluziona, nè lo reinterpreta. Si serve però di una storia e un’ambientazione non scontati, l’una per questo microcosmo provinciale aulico e bellissimo, l’altra per una vicenda carica di malattia. E’, a mio parere, un film sulla malattia e l’inadeguatezza di fronte ad essa. La malattia, variamente intesa, pervade e vive in casa di quasi tutti i protagonisti, sta nel chiuso di abitazioni e vite ordinate e apparentemente perfette. La malattia è tale, senza ritorno, oppure è dissociazione dalla realtà e di fronte ad essa tutte le persone sono parimenti inadeguate, o se non lo sono di fronte alla malattia dell’altro, lo sono di fronte alla malattia che alberga nelle loro vite. L’ho trovato quindi veramente orrorifico, senza quegli orchi che pure sono evocati in continuazione (pedofilia, morbosità famigliare su tutte), ma con un concentrato di verosimili paure e furori, fughe e abbandoni, con un’umanità incapace di vivere la diversità, di affrontare la morte. Ed è la famiglia il luogo del disagio, un posto in cui neanche l’affetto può mettere riparo all’inadeguatezza, anzi la esarceba, un luogo pieno di mancanze, di assenze, di ruoli non ricoperti, di incapacità, di dolore.
Forse solo alla fine c’è un’accettazione, nata dal bisogno, una piccola bugia per sopravvive e affrontarla la vita, sghemba, brutta, malata.

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