Recensione su La ragazza con la valigia

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Aida, come sei bella / 29 Giugno 2020 in La ragazza con la valigia

Ah, i film di Zurlini, struggenti mélo contemporanei in cui, a dispetto dei contesti piccolo borghesi e, addirittura, sottoproletari, si respira sempre una forte eleganza, una gran classe nella rappresentazione scenica.
La ragazza con la valigia, presentato in concorso a Cannes, è un altro dramma romantico con accenti realisti, dopo Un’estate violenta (1959), in cui la protagonista femminile (là, la Rossi Drago, qui, Claudia Cardinale) sembra costretta a pagare lo scotto della propria femminilità, la maledizione d’essere donna (e donna bellissima) in un mondo che consuma la bellezza, usandole ripetutamente violenza in diversi modi.

Il personaggio di Aida (la Cardinale) è un’erede diretta della Margherita Gauthier di Dumas, della Violetta di Verdi, che, già nel nome, in realtà, porta altre tracce verdiane che, a parer mio (ed è solo un volo pindarico), sono indizi di umori patriarcali di stampo fascista (Aida è un nome esotico attribuito da Verdi alla principessa etiope protagonista della sua famosa opera e, anagraficamente, il personaggio della Cardinale potrebbe avere l’età giusta per essere nata in pieno delirio mussoliniano).
Anni dopo il film di Zurlini, Rino Gaetano compose un brano emblematico intitolato Aida, uno dei miei preferiti della sua sua discografia, a cui ho pensato spesso, guardando il film di Zurlini. L’Aida di Gaetano è una donna ormai anziana, simbolo dell’Italia sopravvissuta al regime e alla guerra, che ricorda la sua vita difficile, che si è fatta strada in “un paese diviso”, “più nero nel viso/ più rosso d’amore”.
Nell’Aida di Gaetano che, come dicevo, mi ricorda quella di Zurlini, convergono l’Egitto coloniale, le marce, le svastiche e i federali (vedi, i miei blandi parallelismi storici), le calze a rete (Aida Zepponi è una soubrette), la povertà. Questa Aida è una ragazza peregrina, con la valigia, appunto, pronta ad afferrare qualsiasi occasione possa garantirle un letto caldo e la pancia piena di buon cibo. Ma conserva ancora una certa ingenuità, un candore che, associato alla sua innegabile bellezza, la rende preda di uomini senza scrupoli, come se fosse, ciclicamente, terra vergine di conquista.
Lorenzo (Jacques Perrin, che avrebbe lavorato ancora con Zurlini in Cronaca familiare, 1962) è attratto dalla fragilità della ragazza, oltre che dalla sua avvenenza: inesperto e sognatore, si illude di proteggerla da ciò che immagina sia il mondo. Ma Lorenzo, topos del giovane orfano e malinconico del cinema zurliniano, non sa quanto Aida conosca il mondo molto meglio di lui.

La Cardinale, abbacinante per bellezza e vitalità, premiata per la sua interpretazione con un David speciale, recita in francese, doppiata (il film La ragazza di Bube, in cui userà per la prima volta la sua vera voce, è ancora lontano) e, a tratti, il pur buon doppiaggio di Adriana Asti, virato sull’accento milanese del personaggio, si scolla da Aida. Per esempio, fra i tanti, c’è un momento in cui la Cardinale dovrebbe cantare un motivetto in italiano, ma il labiale dimostra chiaramente che parlava un’altra lingua, rendendo artificiosa la sequenza, altresì molto significativa.

Nel cast, anche Romolo Valli (Padre Introna), Corrado Pani (Marcello), Enzo Garinei (un ospite dell’albergo), Riccardo Garrone (Romolo) e un giovane e nervoso Gian Maria Volonté (Piero).

Colonna sonora estremamente pop, con brani cantati da Mina, Celentano, Peppino Di Capri, Umberto Bindi.

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