16 Recensioni su

La pelle che abito

/ 20116.8267 voti

Mmh… insomma… / 16 Gennaio 2021 in La pelle che abito

Almodovar abbassa la qualità, scegliendo una trama che sulla carta rende molto più che sullo schermo.
Banderas ce la mette tutta, almeno sembra, eppure il film non decolla, tenendo lo spettatore in balìa dei fatti man mano che si avvicina al finale.
E neppure li ci riesce, per quanto l’effetto sorpresa dovrebbe essere alto.
Forse poteva essere migliore, anche se la regia è buona, ma a mio parere attori e trama non hanno aiutato.
5/10.

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Almodovar senza nerbo / 21 Luglio 2014 in La pelle che abito

Lo stile del regista spagnolo c’è tutto, ma non la sostanza: il film risulta del tutto gratuito, senza riuscire a tessere un discorso sul genere e la sessualità che sarebbe stato possibile. Data la trama, qua e là si sfiora l’umorismo involontario. Notevole tuttavia il modo in cui verso la metà del film cambia il modo in cui ci appare la splendida Elena Anaya, senza che il suo aspetto sia minimamente mutato.

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Complesso psicologicamente ma lento / 16 Novembre 2013 in La pelle che abito

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

dopo Maniac, che trovate qui su nientepopcorn ho deciso di darmi ad un altro film bello pesantino, secondo i miei standard. Che forse non è ne splatter ne horror ne politicamente scorretto ma ha comunque un che di oscuro e cupo, che difficilmente, ti dona tranquillità questa pellicola. Farò di tutto per non essere troppo spoileroso ma ahimé tutto il mio giudizio, si basa sul finale della pellicola, per cui forse dirò troppo. Il film del 2011 di Pedro Almodovar con Antonio Banderas è molto attuale, tratto da un libro che in Italia prende il nome de: La tarantola é la storia di un medico, uno specialista in chirurgia plastica, che disgraziatamente perde la moglie dopo che un incidente stradale l’ha ustionata facendole perdere il senno e spingendola al suicidio. A seguito di questa faccenda e al fatto che la figlia assiste al suicidio, nella vita del chirurgo arrivano una serie di disgrazie fino al momento in cui anche la figlia muore, dopo aver subito violenze sessuali, stremata dai problemi che si portava sulle spalle. Il dottore decide di unire lo studio della nuova pelle sintetica con la vendetta rapendo il violentatore della figlia e operandolo fino a farlo diventare una donna su cui sperimenta questa nuova pelle. Angosciante oltre modo visto che per tutto il film noi vediamo una ragazza imprigionata ma non sappiamo minimamente chi sia fino ai minuti finali della pellicola. Quasi sconvolgente. Il cambio di sesso è qualcosa di profonamente personale. In questo film prende quasi una prospettiva facile e diversa, per non parlare di Banderas totalmente diverso da quello che vediamo noi a parlare con galline e biscotti. E Almodovar che è fuori dai suoi schemi princiapli, pur usando sempre io suoi attori feticci, direi che è esemplare in questa pellicola. Quindi decisamente un 7, poiché le pecche ci sono, soprattutto iniziali ( molto lento, alcune volte gli attori forse un po’ sottotono) ma che si riprende nel finale creando grandi emozioni nello spettatore.

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13 Giugno 2013 in La pelle che abito

La storia è interessante ma è entusiasmo zero. Lentezza e noia a mille. Due ore interminabili di un moderno frankenstein – mal riuscito.
Banderas può tornare dalle galline.
[consiglierei anche a lui un chirurgo per cambiare espressione. ogni tanto. ]

occasione persa! / 9 Febbraio 2013 in La pelle che abito

Di questo film salvo solo il bel romanzo da cui è tratto da un romanzo molto bello di Thierry Jonquet “Tarantola” che Almodovar ha ripreso abbastanza fedelmente buttandoci però tutto il suo cinema in una macedonia tra il thriller e il feuilleton! Un occasione persa davvero!

mmm… bello ma…… / 14 Gennaio 2013 in La pelle che abito

Non mi sento di dare un voto negativo al film perchè è originale e la storia drammatica raccontata mediante i flashback funziona … ma qualcosa (che non so spiegare) non mi ha convinta del tutto.

13 Gennaio 2013 in La pelle che abito

Inconsueto dramma per Almodóvar che realizza un thriller estremamente bilanciato e brillante sotto ogni punto di vista. Banderas magistrale per la sua interpretazione.

11 Dicembre 2012 in La pelle che abito

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Avevo bucato questo Almodovar, che non so perché mi avevano detto fosse horror mentre in realtà horror non è per nulla. C’è Banderas che è un chirurgo estetico e che tiene una squinzia strana e gnocca rinchiusa in una parte segreta della sua villa da riccone. E basta, poi si ricostruirà che: la moglie gli era bruciata come un cerino. Lui aveva studiato come creare una nuova pelle. Aveva sequestrato un simpatico idiota che gli aveva stuprato la figlia (che poi s’è suicidata, perché era una happy family) e gli aveva amputato il pipino. E poi gli ha messo la pelle. Quindi si capisce che la gnocca prigioniera è quel che è diventato il tizio idiota. Lei finge di amare il chirugo, lui si fida, lei lo ammazza. Più spoiler di così non si può 😀 Il film non ha più la forza eversiva dei primi del regista, però è costruito e realizzato alla perfezione, e scorre liscio e regolare e pulito come gli interni della lussuosa villa del protagonista. L’unico problema è che alla fine dei conti a valere sono i sentimenti, gli amori distrutti e le vendette, e quelli non li cambi mica come cambi la pelle, quelli stan dentro. Cela dit, ho fatto bene a non andare al cinema, bravo me.

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The Skin I Live In / 3 Giugno 2012 in La pelle che abito

Una relazione manipolativa non può mai trasformarsi in quella vera. Credo che questa affermazione sintetizzi bene il film.

12 Febbraio 2012 in La pelle che abito

troppo morboso da risultare quasi indigesto

24 Gennaio 2012 in La pelle che abito

E’ intrigante, cupo e poco almodovariano anche se lui gli ingredienti ce li mette tutti. Ma il registro scelto per analizzare il tema centrale cozza con le code tipiche del suo cinema. E l’effetto è un po’ distonante.

Curioso come si accavallino film che ruotano attorno alla corpo, penso al cigno nero che era carne e suoi derivati, qui è pelle e suoi derivati. La pelle è una superficie estesa che ci consente di comunicare con l’esterno, l’altro da noi, è la nostra prima relazione con ciò che noi non siamo, ma che ci consente di essere e modellare cosa noi siamo in quel confine indefinito che non governeremo mai che separa soggettività (sempre che si riesca a definirla alla fine) e oggettività (sempre che si riesca ad isolarla).

Se c’è un uomo al centro del film è un vedovo pazzo e tradito che crolla alle disgrazie della sua vita che investono la sua relazione con il femminile, un uomo fermo e bloccato che esaspera la sua professione di manipolatore dei corpi (chirurgo estetico). E continua il gioco del doppio, due fratelli, due donne, due madri,un essere doppio, due quadri tizianeschi con le le carni e i corpi che trionfano lungo il corridoio che porta alla prigione della ragazza, due violenze, due personaggi senza volto che campeggiano nello studio/camera del chirurgo un po’ frankenstein (il quadro riflette e svela l’essenza del chirurgo che è il vero personaggio anonimo e senza volto). Almodovar non tiene fuori da questo film claustrofobico e abbagliante nella fotografia i suoi temi preferiti quali l’agnizione, la diversità, l’eccentricità e le passioni, la genitorialità nascosta, ma sono come corollari imperfetti e, mi sembra, anche fuori luogo rispetto alla relazione fra la creatura e il suo fattore, all’ipnosi del secondo e al dominio della prima che, scarnificata e calata dentro un’altra pelle, subisce una trasformazione interiore che ne fa una donna forte, volitiva, imperiosa e violenta, una donna, questa sì, pienamente nello stilema di Almodovar.

La messa in scena mi è piaciuta perchè è disseminata di piccoli indizi, quali manichini, fantocci, creazioni e costruzioni, con un parallelismo perfetto fra l’arte sartoriale e quella chirurgica, molto belle quelle che raccontano il confronto voyeristico fra Banderas e la Anaya (di una bellezza esasperante e con il dono di due occhi magnifici, estremamente brava per tutto il film), dove gli sguardi e la presenza del corpo trionfano in maniera quasi dolorosa in una sfida che pervade il film e suggerisce l’indomita volontà della ragazza ben prima di scoprirne il motivo.

Se il dicorso della trasformazione attraversa quello dell’identità in fondo il finale è molto aperto: l’identità di Vera è determinata sì da un corpo che non le appartiene, che non ha scelto, ma che la definisce completamente senza poter dimenticare, però, la radice del suo io.

Davvero insopportabili tutte le inquadrature regalate all’onnipresente bmw e tutto quell’insistere su marche e firme varie, terribile

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Storie di tutti i giorni / 23 Gennaio 2012 in La pelle che abito

Un Almodovar in grande spolvero, ma che cambia registro rispetto alle opere precedenti, caratterizzate da tinte forti e toni volutamente eccessivi. Film barocchi e fantasiosi.
Invece questo ultimo, inaspettatamente, racconta storie ordinarie, di tutti i giorni; forse un po’ noiose nel loro fissare la quotidianità del lento scorrere di una vita. Dove è finito l’Almodovar gotico, irriverente e debordante di Legami o Tacchi a spillo?
Nel raccontare la vita quotidiana di un chirurgo plastico come tanti, sembra quasi Brillante Mendoza.

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11 Gennaio 2012 in La pelle che abito

L’argomento principale del film ovviamente è la vendetta. Sadica, folle, inquietante a volte ma ben riuscita nel complesso.
Di certo però se si vuole rimanere a bocca aperta non è questo il film giusto per assistere alla vendetta ma sicuramente Oldboy.
Ma comunque un bel film anche se un po’ prevedi cosa succederà ma sicuramente merita un giudizio positivo.

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4 Gennaio 2012 in La pelle che abito

Sono ancora un pò indeciso…Per certi versi mi aspettavo un film di questo genere, per altri no.
Ci sono tutte le ossessioni di Almodovar, le allusioni per nulla velate al sesso, il tema centrale della figura femminile, solo in chiave molto grottesca, decisamente horror in qualche passaggio. E non per quel che si vede ma per ciò che viene descritto.
In un ambiente freddo, asettico come il laboratorio del dr. Banderas (di nuovo protagonista di un film di un certo calibro visto che negli ultimi tempi è stato decisamente sottotono) si mette in scena il delirio e la confusione sessuale di un uomo accecato dalla vendetta e quella sindrome che insorge tra il mostro creatore e la sua creatura, quell’amore-odio che Almodovar trasferisce nell’ossessione sessuale.
E’ un progetto interessante, un film che fa discutere, che mette tanta carne al fuoco ma che non delude completamente.

Nota a posteriori: il realismo di certe scene è quasi zero. Le operazioni chirurgiche che rasentano la perfezione eseguite in un laboratorio in cantina fanno un pò storcere il naso…Ma forse ad Almodovar non interessa neppure troppo.
Elena Anaya è davvero bella ma alla fine del film sarà difficile guardarla con gli stessi occhi…

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7 Novembre 2011 in La pelle che abito

La follia vendicativa di un chirurgo psicopatico in un contesto famigliare altrettanto disturbato mentalmente formano la trama di questo nuovo lavoro di Almodòvar il cui stile resta riconoscibilissimo anche se quest’ultimo film si discosta parecchio dai suoi precedenti .
Dialoghi ridotti all’essenziale , con alcune sequenze di grande effetto e stilisticamente molto apprezzabili (quella iniziale della protagonista nella sua tutina attillata che la fa sembrare nuda mentre esegue una figura Yoga è splendida ) , una storia di allucinata pazzia in una struttura ad incastro per un “noir ” in piena regola dalla lettura intrigante che ho voluto vedere in versione originale.
Per quanto riguarda il cast Banderas , ritornato a lavorare col “maestro” dopo tanti anni , rende in maniera convincente il Dr. Robert Ledgard , sull’ “icona” Marisa Paredes non si discute , e piuttosto brava , oltre che bella , Elena Anaya .

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28 Settembre 2011 in La pelle che abito

Non posso dire che questo film non mi sia piaciuto in toto: di sicuro, non mi ha entusiasmata.
Il regista spagnolo ha messo tanta carne sul fuoco, ma la storia ha il fiatone (pesante) e arranca smarrita. E, di sicuro, non può essere annoverata nell’ambito del genere horror come, durante la presentazione a Cannes, qualcuno aveva proposto in maniera poco lungimirante.
Contrariamente alla maggioranza dei film di Almodòvar, il lato grottesco della vicenda non incide, suona semplicemente improbabile ed esagerato.
Manca la gioia dei colori delle scenografie un po’ barocche visto in altri lavori i cui temi erano comunque drammatici e dolorosi e questa assenza sensoriale ha inciso molto sulla mia “percezione” del film: è come se Almodòvar avesse blandamente tentato di calare in una realtà più vera del vero una vicenda surreale.
La sua mano registica è presente, ma è distratta.

Banderas, col suo viso pieno di anfratti ombrosi, è troppo monocorde per riscattare un personaggio alienato ma inconcluso come il suo.
Fantastica la pelle di Elena Anaya: le auguro che sia realmente così, elastica, morbida e compatta in maniera sovrannaturale, e non sia frutto di post-produzioni digitali.

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