Recensione su La passione di Giovanna d'Arco

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Monumento al volto umano / 19 Aprile 2019 in La passione di Giovanna d'Arco

“Niente al mondo può essere paragonato al volto umano; è una terra che non ci si stanca mai di esplorare”.
Questo celebre aforisma di Carl Theodor Dreyer dice molto su quello che può essere considerato il grande capolavoro del cinema espressionista, nonché autentico monumento al volto umano.
Primi e primissimi piani si alternano per la quasi totalità del film, il volto di una superba Renèe Falconetti diventa specchio dell’umanità intera, non c’è spazio per slanci teatrali, tutto è reale, il serrato montaggio non lascia compromessi o scappatoie, solo la sofferenza commossa di una donna che fa commuovere, ma anche un alone di pietà che serpeggia latente in tutta la pellicola, che si scorge persino nei volti dei carnefici.
Quello di Dreyer è un affresco sull’essere umano e sulla sua anima, sulla sua fragilità ma anche sul suo coraggio, che non può non richiamare in chiave allegorica il martirio di Cristo.
Con Ordet il regista ci spingeva a ragionare sui miracoli, qui vengono lasciate delle tracce (la croce riflessa, gli uccelli nella scena del rogo) ma forse sono delle tracce solo per chi sa (o vuole?) vederle, la fede è un dono o un fardello? Ogni porta rimane volutamente aperta.
Dreyer insieme a Bresson è uno dei registi che maggiormente ha saputo cogliere in profondità l’animo umano, in fondo quel che sembra interessare davvero al regista è l’umanità della fede, forse più della fede stessa.

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