La vita, istruzioni per l’uso / 22 Agosto 2013 in La noche de enfrente

Si può quasi toccare il tempo che passa, si può vederlo intrecciarsi in grovigli multipli, si può anche pensare che si interrompa, che le ore non si rincorrano l’una con l’altra, o, invece, si può credere che tutto scorra disordinato, avanti e indietro, indietro e avanti. Il tempo infatti è fatto di piccole biglie, di pietra o di cristallo non importa. L’importante è che con questa biglie del tempo si possano intrecciare collane: anni di cristallo, mesi di bronzo, lustri d’acciaio. È meraviglioso giocare con il tempo. Rivivere i momenti dell’infanzia, in cui si assaporava tutto con ingordigia, con la mente piena di brigantini, pirati e tesori sepolti. Il paradosso del tempo sussiste soltanto nella anime ancora turbolentemente vive, creando un meraviglioso cortocircuito tra quello che sono oggi e quello che hanno perduto, ritornando così ad un tempo più vicino del loro presente, all’origine della loro anima, rivivendo l’infanzia con la consapevolezza della vecchiaia.
Tuttavia il tempo passa lo stesso. Inesorabile. Le foglie cadute si accumuleranno anticipando la tristezza dell’inverno. Ci si sente come in un porto senza barche, un porto senza gabbiani. Ma se si ha consapevolezza che in fondo la vita è un sogno, da assaporare fino in fondo, fino all’ultima goccia, con ironia e disincanto, si potrà facilmente compilarne le istruzioni per l’uso: “laggiù in fondo sta la morte, ma niente paura. Afferra l’orologio con una mano, prendi con due dita la rotellina della corda, falla girare dolcemente. Adesso si apre un altro periodo, gli alberi dispiegano le loro foglie, le barche corrono le loro regate, il tempo come un ventaglio si va empiendo di se stesso, e da esso sgorgano l’aria, le brezze della terra, l’ombra di una donna, il profumo del pane. Che vuoi di più, che vuoi di più?… E laggiù in fondo sta la morte, se non corriamo e arriviamo prima e non comprendiamo che non ha più nessuna importanza”. Julio Cortázar

Un film immenso, un vero testamento postumo. Un film in cui si percepiscono ironia, poesia, disincanto, disordine geniale, consapevolezza, e dove, come in un viaggio nel tempo, si rincorrono epoche del passato, anche remoto, in cui tutto si mescola: Beethoven convive con Long John Silver e Jean Giono si meraviglia di se stesso. Tra situazioni grottesche che richiamano certi film di Buñuel, il regista gioca con il tempo e lo spazio, concetti sempre presenti nei suoi film, con disincanto ma senza tristezza. Con la consapevolezza che la morte in fondo è parte integrante della vita.
qui la “colonna sonora”.

Leggi tutto