Recensione su La migliore offerta

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24 Agosto 2013

L’intento di Tornatore è costruire un puzzle complesso che celi la figura di fondo; un labirinto la cui l’apparente via d’uscita (il rapporto amoroso fra i due protagonisti) si rivela una trappola, il mostro pronto ad annientare ogni speranza. Ma il capovolgimento finale anziché stupire appare scontato e puzzante d’imbroglio: col procedere della trama gli ingranaggi del film cigolano e il meccanismo s’inceppa, rivelando impietosamente – dietro l’ottima regia – le debolezze di una sceneggiatura eccessiva e pretenziosa, che si contorce (cercando invano una profondità e compiutezza di senso) all’interno di una dialettica verità/finzione ripetuta sino al rigurgito. La trama si rivela poco convincente e ingestibile, finendo col dilatarsi oltre il necessario e risultare fastidiosa in alcuni punti troppo espliciti (l’automa) o posticci (la nanetta che si ricorda tutto!, il nome del protagonista, Virgil-“virgin” Oldman). Né i (pochissimi) personaggi né le loro relazioni sono descritti in maniera credibile: se la figura di Billy è evanescente, il rapporto d’amicizia fra Virgil e il meccanico Robert (personaggio la cui ambiguità è peraltro introdotta in maniera sempliciotta) appare non meno improvviso e ingiustificato di quello amoroso fra Virgil e Claire (il cui apice è rappresentato col montaggio ripetuto di alcune pacchiane scene di passione).
In un certo senso la riflessione sul rapporto verità/finzione appare semmai efficace in senso indiretto: Tornatore, seppur ottimo regista, è diventato lo specchio attraverso il quale il cinema italiano cerca pretenziosamente di proiettarsi oltre la propria dimensione nazionale, senza guadagnare in ricchezza e allontanandosi ulteriormente da quell’autenticità nostrana che per anni aveva fatto la storia del cinema.

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