20 Dicembre 2012 in La lingua del santo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Commedia italiana di Mazzacurati, che si difende bene assai. Willy “Alain Delon” e Antonio (Bentivoglio e Albanese) sono due sfigatacci che le asperità della vita hanno costretto a campare di furtarelli. Tutti parlano veneto, siamo a Padova. Fino a quando, più per caso che altro, si trovano a rubare la lingua di Sant’Antonio. Dramma nella fedele popolazione padovana alla scomparsa della sacra reliquia, i due pensano bene di chiedere un riscatto, quasi convinti che il Santo stesso, vedendoli così tanto loser, voglia da loro che agiscano proprio così. Il piano riesce ma a metà, Willy, quello furbo dei due (mentre Antonio è simpatico quanto scemo e impulsivo) è ancora innamorato della sua ex-moglie e non riesce a tagliare i ponti con i suoi ricordi. Scenette buffe, scenette disperate, i due si perdono nelle campagne in mountain bike e hanno vite comuni da sfaccendati di provincia che passano le loro giornate al bar, insieme a una sfilza di altre figure grottesche (anzi, come si dice, “da bar”). Non perché siano cattivi, ma semplicemente perché la società non è a misura loro. Questa malinconia da perdenti era la parte forse più riuscita, sentirsi disinseriti da una vita che scorre e non saper che fare. Non so, io mi ci ritrovo abbastanza. Willy per liberare il cervello va sulla laguna veneta, tramonti riflessi sull’acqua.

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