La legge del mercato

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La legge del mercato

Dopo due anni trascorsi alla ricerca di un nuovo lavoro, Thierry, ex-operaio cinquantenne, è riuscito a trovare un impiego come guardia giurata in un grande magazzino.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: La Loi du marché
Attori principali: Vincent Lindon, Karine de Mirbeck, Mathieu Schaller, Yves Ory, Xavier Mathieu, Noel Mairot, Catherine Saint-Bonnet, Christophe Rossignon, Soufiane Guerrab

Regia: Stéphane Brizé
Sceneggiatura/Autore: Stéphane Brizé, Olivier Gorce
Fotografia: Éric Dumont
Costumi: Ann Dunsford, Diane Dussaud
Produttore: Christophe Rossignon, Philip Boëffard, Ève François Machuel
Produzione: Francia
Genere: Drammatico
Durata: 93 minuti

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Lucida riflessione sul mondo del lavoro / 16 Marzo 2018 in La legge del mercato

Privo di retorica e con un taglio naturalistico della narrazione che lo accosta al lavoro dei Dardenne, giusto per restare in ambito francofono, il film di Brizé mostra impietosamente uno spaccato del mondo del lavoro contemporaneo, in cui sembra evidente che le aziende non intendono investire sulla qualità formativa e umana dei propri dipendenti, ma solo sulla loro paura del presente e del futuro e sul timore dell’indigenza. Può ancora definirsi classe operaia una fetta attiva della società che non ha alcuna identità, se non quella del topo in trappola?
La spersonalizzazione, l’imbarbarimento e l’impoverimento del lavoro inteso come attività in grado di dare dignità all’individuo è un male canceroso, erosivo, volto all’eliminazione della coscienza dall’uomo.

Il film di Brizé è asciutto, teso, impietoso e trova nella granitica interpretazione di Lindon, premiato a Cannes, l’eccellente espressione di un personaggio estremamente ben caratterizzato.

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la crisi cancella il cuore / 4 Novembre 2015 in La legge del mercato

Dopo il film dei Dardenne che parlano della crisi da un ottica femminile, ecco l’ottica maschile. Più che una storia vera e propria il film è una successione di episodi, e il lato assurdo viene messo in evidenza già dall’inizio quando il protagonista forte di un corso di specializzazione si vede rifiutare un posto di lavoro.
Nonostante cerchi di vivere normalmente e senza cedere alla depressione farà fatica a resistere alle mutate esigenze del mercato dove il fattore umano non conta più nulla.
Da un certo punto di vista documentaristico, per la scansione a episodi, da un altro punto di vista crudele, per la gestione del personale delle aziende basata su altri fattori che non siano la persona stessa e la generale mancanza di comprensione e empatia con le altre vittime della crisi. Il finale aperto lascia poi un senso di amarezza ma non di sconfitta.
Bravo il protagonista Lindon che durante tutto il film sembra “estraneo” a tutto quanto gli capita intorno mentre è forse solo “rassegnato” anche se ha mantenuto una certa forza e dignità. Reclama i suoi diritti e non si lascia prendere dallo sconforto quando non li ottiene senza scene madri del grande attore ma con la giusta misura dell’uomo comune.

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