Recensione su La ragazza senza nome

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Odore di santità / 12 Aprile 2021 in La ragazza senza nome

Per quel che ho visto finora della filmografia dei fratelli Jean-Pierre e Luc, questo è un film inconfondibilmente dardenniano che non offre particolari novità narrative e formali.
L’aspetto de La ragazza senza nome che ho trovato più interessante è la rappresentazione di una “santa” moderna.

La dottoressa Davin (Adèle Haenel) lavora da qualche mese in un ambulatorio medico situato in una zona popolare e depressa di una grigia città belga. La Davin è generosa ed empatica per natura, ma un senso di colpa devastante legato a quello che lei ritiene sia stata una personale mancanza etica e umana la porta a praticare un eccesso di altruismo.
In un’ottica che definisco cristiana, nella piena accezione del termine (e con ciò, però, non sottendo che quello dei Dardenne sia un film “religioso”), la giovane dottoressa sacrifica carriera e vita privata alla pratica medica ambulatoriale e alla ricerca del nome di una ragazza morta senza identità.
In entrambi i casi, la Davin è mossa dalla certezza che ogni individuo meriti pari trattamenti e affermazione della propria dignità.
In questa sua missione, la Davin mostra di avere un cuore puro e incorrotto e un obiettivo che non disdegna il sacrificio correlato al martirio fisico: la donna non valuta eventuali pericoli personali, non lamenta fame e fatica, non dimostra di avere paura, sostenuta dalla bontà della propria missione. Accetta qualsiasi offerta le viene fatta dalle persone che incontra, come un discepolo, pecora tra i lupi. E, sempre, lei sostiene, ascolta, conforta e, soprattutto, non giudica mai chi ha di fronte a se, a prescindere dalle sue “colpe”.

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