La felicità è un sistema complesso

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La felicità è un sistema complesso

Enrico Giusti si è letteralmente inventato un lavoro complesso, ma infallibile. Quando un'azienda è sull'orlo del fallimento, egli viene convocato per convincere nel miglior modo possibile i dirigenti fallaci ad allontanarsi, prima di far finire definitivamente nel baratro l'impresa, evitando inutili licenziamenti e il fallimento dell'impresa. Ora, gli viene affidato un compito estremamente difficile: Filippo e Camilla, 18 e 13 anni, figli di due ricchi imprenditori, sono rimasti improvvisamente orfani, dopo che i loro genitori sono scomparsi in un incidente. I due ragazzi stanno per diventare eredi dell'azienda di famiglia, ma, così giovani, come potrebbero occuparsene direttamente, senza mettere in pericolo la struttura e i suoi dipendenti?
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: La felicità è un sistema complesso
Attori principali: Valerio Mastandrea, Hadas Yaron, Giuseppe Battiston, Filippo De Carli, Camilla Martini, Maurizio Donadoni, Teco Celio, Daniele De Angelis, Maurizio Lastrico, Paolo Briguglia, Domenico Diele, Matteo Martari, Paola Calliari, Mostra tutti

Regia: Gianni Zanasi
Sceneggiatura/Autore: Gianni Zanasi, Michele Pellegrini, Lorenzo Favella
Colonna sonora: Niccolò Contessa
Fotografia: Vladan Radović
Costumi: Grazia Colombini
Produttore: Rita Rognoni
Produzione: Italia
Genere: Commedia
Durata: 117 minuti

Dove vedere in streaming La felicità è un sistema complesso

….anche arrivare fino alla fine della visione è stato complesso… / 2 Dicembre 2016 in La felicità è un sistema complesso

…si, perché la storia c’è, la bravura di tutti gli interpreti pure, l’attualità del tema poi non ne parliamo….ma tutto scorre talmente lentamente che talvolta sembra fermarsi.
Peccato, poteva essere un 7.
Comunque Mastandrea e Battiston egregi come sempre.

Che peccato! / 15 Aprile 2016 in La felicità è un sistema complesso

che peccato!!! la storia c’è e si tratta pure di una storia interessante ma … il film non mi è piaciuto.
Una storia purtroppo attuale che esamina la dinamica famiglia/lavoro durante la crisi. Le aziende familiari sono “oggetti” che possono essere smontati oppure sono delle “unità” con una storia che si dovrebbe cercare di preservare?
Il protagonista dovrebbe “salvare” le imprese da titolari incompetenti consegnandole magari in mano a fondi internazionali ma in questo caso le giovani leve, sia pure completamente inesperte, potrebbero dare nuova linfa e vitalità alla ditta di famiglia.
Purtroppo non amo Mastandrea, vederlo poi protagonista mi infastidisce ma è soprattutto lo stile del regista che non ho capito, a tratti la storia scorre lenta, a tratti mooolto lenta, ci sarebbero stati alcuni aspetti collaterali da approfondire mentre tutto girava troppo attorno al protagonista.
Il finale ricordava un po’ Inception ma non ho cercato di capirlo, anzi!!

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Almu / 3 Gennaio 2016 in La felicità è un sistema complesso

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

C’è questo mestiere inverosimile che fa Enrico, intermediario che per una specie di grosso fondo (da cui il detto “toccare il fondo”) avvicina e conquista la fiducia di rampolli scazzati incapaci di guidare imprese e li convince a mollare tutto (al fondo, in fondo) partendo per il Costa Rica. Lui dice di farlo per evitare danni economici, i suoi datori di lavoro lo fanno per mangiarsi le imprese in crisi. Ed è bravissimo, in questo mestiere che fa – passi che non c’è motivo per cui un rampollo debba accettare che sto tizio gli si incolli a mo’ di cozza fino a ispirargli fiducia. Del resto ti fideresti di una cozza? Ma si sa, ormai si è tutti consulenti, e i mestieri migliori son quelli inventati. In questa sua quotidianità piomba una tizia israeliana, verosimilmente catapultata fuori da Tsahal, che per comodità chiameremo Almudena, nome spagnolo che non c’entra niente ma quello vero è impronunciabile e una volta ricordo che volevo farmi un’Almudena. Enrico ha un padre scappato in Canadà abbandonando lui e il fratellino, un fratello che seduce e abbandona (e scappa) Almudena, e se la trova in casa. Lei impara l’italiano in 10 min di film, e poi dicono sia difficile. Contemporaneamente riceve un nuovo incarico, convincere a mollare al fondo due pischelli figli di imprenditori trentini (no, non si parla di mele) morti in un incidente. Ma pian piano, tra lei e loro e lui, si rende conto che questa volta è diverso, e della grettezza del suo lavoro, per quante autogiustificazioni morali egli si desse. Per cui si schiera coi ragazzetti vs il mondo adulto, anche se questo è il suo modo di crescere dal limbo in cui l’abbandono del padre l’aveva impantanato. C’è tanta ereditarietà e conseguenze lasciate dai genitori, nelle azioni di tutti questi figli (Almudena a parte, che è una sorta di ca**o di Mary Poppins e pure un po’ svalvolata ma efficace come detonatore), tanto da superare con fatica, sia per lui che per Filippo. Alcune banalità sulla gioventù, il vento tra i capelli, la libertà ritrovata. C’è una colonna sonora avvolgente e furbetta, curata giustappunto dal tizio dei Cani (e infatti non era possibile che in un karaoke in Trentino cantassero i pezzi dei Cani altrimenti, e mi dicevo WTF!), inverosimiglianze a go go, tipo che la sera al pub ci si trovi casualmente tutti. Ma poi quella ha 13 anni, ca**o ci fa al pub!? Giusto dare lo swing all’epifania subita dal protagonista, però maddai.

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