Recensione su La famiglia

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29 Agosto 2013

Mi sento quasi in colpa nel valutare negativamente un film di Scola, ma questo titolo, che attendevo di vedere da tempo, non mi è affatto piaciuto.

Contiene molti elementi già presenti nella filmografia del regista (il valore del ricordo, il peso della vera o presunta incoerenza, il senso dell’appartenenza ad un gruppo) che qui, però, non acquisiscono lo stesso afflato che hanno altrove.
Molte sequenze sembrano abbozzate (vedi, il comunque gustoso dialogo tra il professore e l’architetto che, in un momento migliore di Scola, immagino avrebbe avuto risoluzione strepitosa), incerte sulla direzione da seguire, e talune caratterizzazioni perdono via via di mordente (le tre zitelle, per esempio).

Il cast, però, è di grande caratura (Occhipinti e Jo Champa a parte, mi permetto di dire. E anche i Dapporto, con rispetto per Carlo, vista l’età, non mi sono piaciuti) e riesce a risollevare alcuni passaggi incolori: Gassman (c’è da dirlo?), la Sandrelli, Ottavia Piccolo (pur truccata malamente), Tognazzi Jr. conferiscono il giusto carattere a personaggi altrimenti appiattiti da una sceneggiatura che ruota (e mi spiace per Scarpelli) “solo” intorno agli andirivieni di Adriana (Fanny Ardant secca come un’acciuga, incolore, alle prese con un alter-ego inutilmente affranto).

La Storia bussa alla porta di questa casa romana quasi senza colpo ferire ed, allora, non capisco perché, spesso, abbia sentito parlare di questo film come di un affresco sulla società italiana del Novecento, se nulla di ciò che accade all’esterno incide davvero sulla vita dei suoi abitanti, se i mutamenti sociali vengono mostrati solo attraverso una gonna più corta, un’interurbana telefonica o lo strombazzare caratteristico di una “certa” automobile.

Il concetto di famiglia, di nido domestico a cui fare inevitabilmente ritorno e di circolarità del tempo è ben chiaro, ma -personalmente- non basta a giustificare una saga vuota se non di passione (l’amore tra Carlo ed Adriana è poco palpabile), almeno di eventi.

Strane scelte in fase di post-produzione (doppiaggi misteriosi, e non parlo di quello, comunque “stonato” di Dapporto-figlio su Dapporto-padre), poi, mi hanno lasciata un po’ perplessa.
Ottima scelta della location, invece: un amplissimo appartamento di inizio secolo con un corridoio, metafora del dipanarsi della vita, invidiabilmente ed inutilmente lungo.

4 commenti

  1. Bisturi / 29 Agosto 2013

    @stefania concordo! Il cato del cigno di Scola e della commedia all’italiana in generale è, per me, “La Terrazza” (1980), grande e sincero e grottesco affresco dei cosiddetti salotti romani, di una Roma che stava morendo e di una nuova Roma che stava nascendo!

    • Bisturi / 29 Agosto 2013

      *canto

    • Stefania / 29 Agosto 2013

      Purtroppo, mi manca (Gassman e Tognazzi, giusto?), ma vorrei recuperarlo presto.
      Ne ho sentito recentemente parlare ancora all’uscita de La grande bellezza di Sorrentino e la mi curiosità si è acuita anche in quell’occasione: devo proprio rimediare.

      • Bisturi / 29 Agosto 2013

        Gassman, Tognazzi, Mastroianni, Trintignant….tanti grandi attori! Te lo consiglio è davvero l’ultimo grande esempio di commedia vera! 🙂

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