Recensione su Rocco Schiavone

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L’inutilità delle parole. / 16 Gennaio 2016 in Rocco Schiavone

Giuseppe Tornatore adatta il suo romanzo “La corrispondenza” in veste di sceneggiatore e di regista, e sceglie di raccontare uno dei temi più scandagliati, manipolati e interpretati nella storia del cinema: l’amore, quello vissuto “à la distance”, espanso in uno spazio che oltrepassa la fisicità e il fluire del tempo, congeniale all’era delle relazioni 2.0. I suoi protagonisti sono due gran bei talenti: quello fiorente dell’ucraina Olga Kurylenko, bellissima e degna del suo ruolo, e quello più che confermato di Jeremy Irons, uno dei più grandi tesori dell’arte cinematografica contemporanea. Il concepimento di questa storia, inverosimilmente avvitata, prende piede diverso tempo fa, ma l’idea non è così nuova. Già nel 2007, infatti, avevamo visto sullo schermo vicissitudini di simile natura nell’adattamento del best-seller di Cecelia Ahern, “P.S. I love you”: un dramma garbatamente tagliato con una vena di leggerezza, ad opera della regia di Richard LaGravenese.

Differentemente, ne “La corrispondenza” l’allestimento delle scene, lo studio ad incastro delle inquadrature e in generale la sapienza registica di Tornatore avvalora la cura del lavoro e le buone potenzialità, le quali però reggono a fatica una scrittura barocca che si rivela per quello che è: un autocompiaciuto esercizio di stile. Il romanticismo piuttosto fatuo che lega i personaggi di Amy ed Ed non è assolutamente credibile: nel rettangolo del grande schermo si sente la mancanza dell’emozione pura, quando invece in gioco c’è il filtro dell’accartocciarsi di vicende e simbologie che calcano nel sentimento una netta artificiosità, in un cerchio chiuso da una colonna sonora sontuosa ma troppo insistente, firmata dal maestro Ennio Morricone. Lo stesso Tornatore ha ammesso di aver costruito un film “cervellotico”, a dire il vero forse troppo: un mélo contornato di un’inutile verbosità, denunciata dalla lieve cover di “Enjoy the silence”. Le parole sono inutili, a dir poco dannose; e in questo caso, non sono state da meno.

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