Germi in stile De Amicis / 28 Luglio 2016 in La città si difende

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’impianto narrativo, elaborato da Fellini, Tullio Pinelli e Comencini con l’apporto di Germi in fase di sceneggiatura, è interessante: posta una premessa comune (la rapina ad opera di quattro disperati non avvezzi al crimine), osserviamo come ciascuno di essi affronta le conseguenze del gesto e come si adopera per sfuggire alla punizione della legge.
Lo sviluppo del plot, al contrario, è poco convincente, permeato da una sorta di moralismo popolare, se non di pietismo, che, alla lunga, stanca. La bimba innocente, la femme fatale e, dulcis in fundo, la mamma in lacrime: c’è tutta l’iconografia “povera” di una stucchevole Italia che risente di una certa “filosofia” deamicisiana, con i protagonisti battuti dal destino, tanti piccoli Franti naturalmente incolpevoli.

Ad essere sincera (e polemica), poi, non ho afferrato del tutto il significato del titolo: prima di vedere il film, credevo che “La città si difende” si riferisse ad un riflesso esasperato di una parte della popolazione ad un incremento degli atti criminali. Invece, mi pare di aver compreso che il riferimento sia alle forze dell’ordine che, zitte zitte (come ricorda la voce narrante), operano sottotraccia per assicurare alla giustizia i malfattori (non senza la collaborazione di alcuni cittadini, questo è vero): nonostante ciò, l’azione di indagine della polizia non è mai l’oggetto del racconto, non viene mai mostrato l’iter seguito dagli investigatori durante le ricerche dei rapinatori. Le varie soluzioni sembrano giungere accidentalmente, per ingenuità, nervosismo o disattenzione dei rapinatori: è davvero così che la città si difende? E si difende da cosa? Dalla delinquenza o dalla povertà?
Infine, almeno un paio dei ladri del film non teme solo la galera, ma anche i rimorsi della coscienza, i sensi di colpa legati al coinvolgimento indiretto delle rispettive famiglie.

Nota personale: mi fa sempre sorridere il desiderio di Germi di citare Genova, la sua città natale, in alcuni dei suoi film: in questo caso, ha scelto di ambientare una sequenza in una friggitoria (chiamata “del genovese”) e ha fatto in modo che uno dei rapinatori tenti di fuggire partendo in treno proprio in direzione del capoluogo ligure.

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