ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Belga, è un film belga! Ed è encroyable e depresso come non mai *_* ah, la cinematografia belga, ah, i rami secchi delle inquietanti foreste belghe, ah, il piattume belga, ah. L’ingenuità, tristezza, angoscia di vivere che sono palesemente un carattere nazionale. Nom d’un chien! Ma accantoniamo per un attimo la personale passione mia per la Belgica. CHE GRANDE PAESE!!! Ah no, scusa. Ogni tanto mi sfugge.
Du calme.
In un paesino rurale BELGA!! (ops) sta per finire l’inverno, e tutti si preparano per la celebrazione rituale (–> molto alle The wicked man) che si compie ogni anno. Ma la pira non si accende, e l’inverno, holy shit, non si spegne; e il gallo non canta più, le mucche smettono di produrre latte e i semi piantati non germogliano. P-p-p-anico. Per fare un film malato servono dei ragazzetti, ormai s’è capito, con nessuno come coi ragazzetti si può far risaltare il contrasto tra il degrado, fisico e/o morale, e la loro intrinseca purezza. Il gioco fondamentalmente è vedere quanto si contamineranno i ragazzetti (tutti i film malati ultimamente avevano i ragazzetti, namely Nella casa e Confessions; ormai è un genere a sè).
Alice e Thomas sono i figli di due delle famiglie della comunità. Inizio con danze di paese, bellissime *_* serenità. Ma non è che un inganno, perché sta per iniziare un precipizio verso il cupo. E non è la terra, ma gli uomini, a stare percossi e attoniti, di fronte all’innaturale calamità del fermarsi delle stagioni. La natura si rifiuta di giocare ancora.
L’esercito requisisce ogni cosa, c’è la venatura di apocalissi globale ma tenuta fuori scena, si lascia intendere che dovunque tutto sta morendo, ma noi restiamo a guardare nel paesino, mentre inquietanti jet solcano il cielo, calabroni che ronzano senza poteri porre rimedio (low budget, “l’esercito” sono in tre).
I ragazzi son gli unici a resistere, insieme a un filosofo nomade, apicoltore e con figlio su sedia a rotelle. Che viene individuato dalla comunità come capro espiatorio, la causa di tutto, come obiettivo della rabbia disperata per qualcosa di cui non si trova razionale spiegazione. Caccia alle streghe, medioevo e piaghe d’Egitto, tutto insieme! E lo bruciano nella sua roulotte, sì ca**o, in una ripetizione della cerimonia pagana iniziale, non siamo riusciti a bruciare l’inverno → bruciamo qualcuno, già che ci siamo bruciamo il diverso/estraneo; e il gallo viene sgozzato e la ragazzetta finisce a tossire e prostituirsi nel fienile per un tozzo di sale, e la fine non c’è, o meglio, c’è ma è l’estinzione ventura di tutto e della natura malata e di noi altrettanto.
Facilitata dalla campagna belga, la fotografia indugia tra rami secchi e alberi che crollano esausti, e nel frattempo si scolora, insieme alla trama, i visi, le emozioni, tutto perde vita e regredisce per tornare a uno stadio animale e poi vegetale e poi morto. Tonnerres O_O
Più belga di una birra, happiness!
Tra l’altro vorrei farti notare che il nome dell’attore che interpreta Thomas è Django.
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