19 Agosto 2013 in Koridorius

Viviamo in un mondo pieno di parole e, spesso, di fronte ai silenzi ci sentiamo a disagio. Come se dovessimo colmarli ad ogni costo, parliamo.

C’è Cinema e Cinema.
Esistono film e film.
Pellicole dove la parola serve, altri dove essa è superflua, in altri ancora parola e immagini cozzano le une contro le altre. In Koridorius di Šarūnas Bartas il silenzio regna sovrano, la parola è da sfondo.
Sfondo o sottofondo, affiancata ai volti amari vi è la canzone popolare o il ballo.

Rumori e silenzi.
Luci ma soprattutto ombre.
Gli interni e gli esterni.
Buona parte della pellicola si svolge dentro un edificio, cambiano gli scenari ma il film è caratterizzato dalla presenza del corridoio.
Fuori di esso vi è vita, una vita caotica fatta di manifestazioni, da ragazzi dediti al vandalismo, una sirena della polizia che sfreccia per le strade.
Negli angusti corridoi, all’interno del palazzo, i personaggi vagano quasi senza meta.
Essi sono simili a fantasmi, inumani, sporchi, scavati nei volti, dediti al fluttuare di stanza in stanza.
Il buio, l’oscurità lo sporco contrapposto a quello che succede fiori.
Sembra quasi che i nostri vivano in una dimensione tutta loro, immersi nei propri pensieri
E’ la prima pellicola del regista, Sharunas Bartas, che vedo, non credo di aver colto appieno tutto il significato del film quindi prendete la recensione con le pinze.
Per 80 minuti lo spettatore verrà spiazzato, trasportato in una roccaforte, luogo di isolamento e di perdizione.
Fra le facce che lo abitano un bambino ha modo di uscire, egli è preda di azioni violente (passa dal dare fuoco alle lenzuola appese allo sparare con un fucile da caccia ad un uccello impagliato), una ragazza va in quella che ricorda un’osteria.
Anche qui alla felicità dei più è legata una sensazione di amarezza e malinconia.
Un film inquietante, riflessivo, forse pesante.
A ogni modo vedetelo. Obiettivamente serve anche questo tipo di pellicola.

DonMax

Leggi tutto