Scomodando illustri precedenti (vedi, per esempio, Funny Games di Haneke o altre pellicole meno “autorali” incentrate su quella che, in gergo, viene definita home invasion), il potenziale del film sembra alto, ma a questo lavoro di Eli Roth manca, letteralmente, la spina dorsale: i giochetti pseudo-sadici delle due ragazze non hanno alcuno scopo, non sono retti neppure dal “farlo per farlo”, perché -complici anche due attrici discutibili- le protagoniste non paiono appagate/intrigate in nessuna maniera da quello che fanno. Il loro atteggiamento non genera né fascino, né repulsione: semplicemente, i personaggi delle torturatrici non incarnano nulla, non sono neppure maliziose.
Nel complesso, perciò, il film, risulta curiosamente “asettico” e non convince neanche sul lato ironico che, palesemente, è lo scopo principale di quel mattacchione sanguinario di Eli che, qui, abbandona il gore a favore di un thriller “morigerato” in cui compare solo una macchia di sangue piccina picciò.
L’unica nota davvero interessante che gli riconosco è il richiamo orrorifico contenuto nel titolo: dal punto di vista onomatopeico, knock knock corrisponde al tocco sulla porta di qualcuno che intende entrare in una casa o in una stanza, non si sa con quali intenzioni. E il personaggio di Reeves (oimemì…) apre la porta alle persone sbagliate, così come potrebbe capitare a chiunque.
P.s.: il film di Roth è il remake di un titolo del ’77, Death Game di Peter S. Traynor https://www.nientepopcorn.it/film/death-game/. Chi fosse interessato ad un confronto tra le due pellicole, può trovare quest’ultima (di qualità video infima) su YouTube.
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