M / 1 Giugno 2019 in Kiss

Una serie di (lunghi) baci tra giovani coppie. Come nelle semplicità smisurata di “Sleep”, ma con maggiore intensità (ovviamente, l’azione in sé è più intensa) e meno noia (anche per la durata infinitamente più breve). Qui non è solo gestualità involontaria, è potenza dell’attrazione fisica.
Si nota l’ovvia presenza di coppie omosessuali (ovvia non perché fosse così ovvio nel ’63, ma perché con Warhol era inevitabile).
Si nota anche l’assenza di coppie omosessuali femminili: il lesbismo era ancora un tabù maggiore dell’omosessualità maschile, persino per Warhol?
Si nota la presenza di una coppia interraziale (lui nero, lei bianca), questa sì cosa nient’affatto scontata per l’epoca.
Si nota infine che il maschio ha sempre la posizione dominante, sovrasta la donna e sostanzialmente dirige l’azione; persino nella prima coppia omosessuale il soggetto “passivo” è femminilizzato (all’inizio non ci si accorge che trattasi di un uomo). Che Warhol l’abbia fatto apposta (come presumibile) o meno non è neppure importante: il fatto importante è che un sostrato simbolico, peraltro molto forte, in questo film riemerge (mentre “Sleep” era la negazione del simbolismo). E ovviamente il simbolismo viene accresciuto proprio nel bacio della coppia interraziale, dove il nero domina la bianca (come se ci fosse una gerarchia di valori). Quindi forse, anzi, sicuramente, questo film è meno sperimentale della coeva interminabile opera. Ne guadagna in fruibilità.

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